Capire cosa si intenda per High Performance Computing è abbastanza intuitivo. Capire perché dovrebbe interessare alle aziende clienti forse un po’ meno. Partiamo da una definizione generica di HPC (High Performance Computing): si considerano architetture HPC i sistemi di elaborazione ad altissime prestazioni costituiti da una fitta rete di nodi di calcolo.

Ciò significa che l’elaborazione richiesta viene distribuita su più risorse, singoli processori o unità complete collegate da reti ad alta velocità, eventualmente sfruttando architetture a calcolo parallelo. Da sottolineare che, a differenza dei supercomputer, che sono da considerare sistemi di nicchia, le unità che compongono un’architettura High Performance Computing sono standard commerciali.

Cosa è l’High Performance Computing: due tipologie

Generalmente i sistemi di High Performance Computing sono di due tipologie. Si sfrutta un approccio di tipo Cluster per sfruttare la capacità elaborativa di più elaboratori che possono anche operare autonomamente. Oppure si sfrutta il Massive Parallel Processing, ovvero la capacità di elaborazione contemporanea di centinaia di processori integrati in unico sistema fisico.

In pratica, possiamo avere una batteria di elaboratori strettamente connessi da una rete “privata” che si dividono le richieste di elaborazione, ma possono vivere di vita propria. Oppure possiamo avere un unico sistema demandato alla stessa attività, la distribuzione del calcolo, destinato solo a quella funzione.

Non esiste un’unica risposta alla domanda: quale approccio HPC utilizzare e, soprattutto, qual è il più conveniente. Possiamo, però, affermare, che la modalità cluster, più datata e più vicina al concetto di supercomputer, è impegnativa, anche economicamente. Per questo spesso viene scelta da aziende e istituzioni con una certa capacità di spesa. L’altra modalità, che ha preso piede più recentemente, si presta perfettamente all’uso in ambienti cloud. In questi contesti la capacità di elaborazione può essere distribuita anche su più aziende clienti, senza mai inficiarne l’efficacia e salvaguardando l’investimento.

I vantaggi e le applicazioni dell’HPC

Ora che sai cosa è l’High Performance Computing, è legittimo che ti chieda in quali campi di applicazione è più utile. Nato per soddisfare le esigenze della ricerca scientifica, del pharma, della progettazione industriale, dell’elaborazione grafica, dell’aerospaziale, oggi l’HPC non si circoscrive a pochi mercati verticali. Ora, infatti, si dimostrano interessati nuovi mercati come il Finance, le Utilities e anche il Retail, perché?

La diffusione dell’intelligenza artificiale, della data analytics, della realtà virtuale, e in generale l’incremento esponenziale dei dati e della loro importanza ha ampliato il range di interesse per l’HTC. Queste tecnologie e l’elaborazione delle informazioni, magari in tempo reale, richiedono grandi capacità di elaborazione. Inoltre, la diffusione delle infrastrutture distribuite in ambienti cloud ha contribuito a far scoprire i vantaggi dell’High Performance Computing a un maggior numero di aziende. Insomma, alla domanda “a chi serve l’HPC?” potremmo rispondere: a (quasi) tutte le aziende. E potremmo anche sostenere che oggi, grazie al cloud, l’HPC è disponibile a tutti. Tutte le aziende, potenzialmente, potrebbero svolgere attività mission-critical, come si dice.

Nella Finanza, per esempio, dove una maggiore velocità di elaborazione delle informazioni significa poter prevedere in tempo gli eventi e, dunque, gestire meglio il proprio business. In determinati ambiti di produzione, per ridurre il time-to-market o, ancora, prevedere in tempo un evento. Ancora, nel Pharma o nel campo della sicurezza, nei sistemi per le smart cities, dove la capacità di calcolo è il vero differenziale. Oppure in presenza di algoritmi di machine learning, di deep learning o di image recognition, dove l’elaborazione massiccia e simultanea di terabyte di informazioni è l’attività quotidiana.

Un vantaggio su tutti dell’HPC? La scalabilità

La scalabilità di un sistema di elaborazione è la capacità del sistema stesso di modulare le proprie risorse di calcolo in base ai carichi di lavoro. Si tratta di un concetto intrinseco degli ambienti cloud. In questi contesti, un’azienda che, per un motivo o per un altro, ha bisogno di più o meno capacità di elaborazione, non si accorge neanche dell’adeguamento immediato dell’infrastruttura.

Nel paradigma cloud, in cui la tecnologia è erogata sotto forma di servizio, l’azienda cliente sceglie una configurazione di base, per cui pagherà un valore fisso. Ma questo valore sempre più spesso prevede già una variazione dinamica della capacità di elaborazione.

Questa elasticità dell’architettura, in tutte le componenti (compute, storage, network), è messa in conto già in fase di progettazione. Il partner It competente, infatti, userà degli strumenti appositi (il “capacity planning” nello storage) per stabilire le esigenze di elaborazione in base allo storico e ai piani di sviluppo aziendali.

Oggi tutti i cloud service provider prevedono l’utilizzo di sistemi HPC. Magari non è necessario inserirli nell’offerta di servizio ma, in ogni caso, questi sistemi altamente performanti sono disponibili nei data center degli hyperscaler. Si potrà pensare di aggiungere una componente HPC a un’offerta già attiva in un secondo momento, come di usufruirne per un progetto specifico.

I casi applicativi: quando serve l’HPC

Ed è proprio per agevolare la diffusione dell’HPC che si stanno diffondendo sempre di più i sistemi ad alta densità su architetture cluster. In pratica, le aziende hanno a disposizione decine di server rack collegati secondo logiche convergenti. Ciò significa strutture all-in-one in cui si orchestrano strutture omogenee di elaborazione, memoria, networking e storage.

Questo anche perché l’elaborazione nell’HTC spesso non si risolve solo con i processori classici. Alle Cpu si aggiungono le Gpu, Graphic Processing Unit, che supportano le sempre più impegnative istanze grafiche, alla memoria volatile si accompagna lo storage basato su flash.

Per capire quando e quanto può essere utile un approccio all’HPC, segnaliamo un workshop che fornirà una visione di insieme e, soprattutto, dei casi reali di applicazione.

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L’offerta di Oracle per i singoli mercati verticali

Come detto, l’HPC si sta gradualmente spostando da strutture on premise, cloud privati o data center chiusi ad ambienti cloud pubblici o ibridi. Questo anche per motivi di ottimizzazione delle risorse. Un cloud service provider, per esempio, ha particolare interesse a disporre di un sistema HPC di cui poi ne gestirà e ne distribuirà l’uso su più clienti garantendo un’alta scalabilità.

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Oracle, nella sua nuova veste di fornitore di servizi cloud non è da meno. Attraverso le sue cloud region, il colosso americano oggi è in grado di offrire ai propri clienti sistemi di High Performance Computing basati su componenti standard ed economicamente sostenibili.

Sistemi HPC messi a disposizione a diverse industrie, diverse tipologie e dimensioni di aziende e alla Pubblica Amministrazione. Oracle non si limita a fornire l’infrastruttura ma propone un’offerta completa basata sui suoi servizi cloud, configurata per le singole industry.

Così, giusto per fare qualche esempio di applicazione. Il manufacturing potrà sfruttare l’HPC per realizzare dei “gemelli digitali” – riproduzioni virtuali di ambienti di produzione – per progetti Cad e di fluidodinamica. Il Finance e l’Insurance lo useranno per le piattaforme di trading e per l’analisi dei rischi, scoprendo velocemente insight utili al business o alla costruzione dell’offerta. Ancora, esistono offerte specifiche Oracle per la ricerca universitaria, l’Health e il Pharma, per il mercato dei Media e dei Broadcaster. Ma esistono anche piattaforme complete cross-industry, pensate per sfruttare le diverse declinazioni dell’intelligenza artificiale.

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Che cosa è l’High Performance Computing e quando serve ultima modifica: 2020-12-04T16:46:01+01:00 da Valerio Mariani

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