Bazooka UE cos’è e perchè la risposta ai dazi di Trump passa dal digitale. Una guida pratica per capire e orientarsi in una fase di grande incertezza.
Con i dazi del 30% sulle importazioni europee annunciati da Trump, Bruxelles studia la controffensiva. L’Anti-Coercion Instrument, già attivo dal 2023, consente misure dure contro servizi, appalti e investimenti. Le Big Tech americane nel mirino: l’Europa vuole ribilanciare il potere economico mettendo anno al “Bazooka UE”.
Una nuova offensiva americana: dazi al 30% dal 1° agosto
La decisione del presidente Trump di imporre dazi generalizzati del 30% su tutte le importazioni provenienti dall’Unione Europea, a partire dal 1° agosto, segna una nuova escalation nelle relazioni transatlantiche. Ufficialmente giustificata con l’obiettivo di “difendere il lavoro americano” e ridurre il deficit commerciale, la misura colpisce indiscriminatamente settori strategici dell’economia europea – e anche italiana – come l’automotive, la meccanica, l’agroalimentare e la tecnologia.
Oltre agli effetti immediati su scambi, mercati e potere d’acquisto, il provvedimento ha una portata politica ben chiara: riaffermare il primato dell’interesse nazionale USA anche a costo di compromettere decenni di cooperazione multilaterale.
L’Unione Europea, per ora, sceglie la via della prudenza. Non replica con un’immediata escalation tariffaria, ma lavora a una risposta negoziale strutturata, pur chiarendo che le contromisure esistono, sono pronte e verranno attivate se la diplomazia fallirà. Al centro della strategia c’è l’Anti-Coercion Instrument (ACI), lo strumento noto ormai come il “bazooka” europeo.
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Cos’è il bazooka UE e perché si torna a parlarne
Approvato nel 2023, l’Anti-Coercion Instrument è il primo strumento normativo europeo pensato per reagire in modo coordinato e rapido a pressioni economiche esercitate da Paesi terzi. In pratica, se uno Stato cerca di condizionare politicamente l’UE o uno Stato membro con misure economiche unilaterali – come i dazi –, l’Unione può rispondere con una gamma ampia e flessibile di contromisure, senza dover attendere l’unanimità dei 27.
Tra le misure previste: restrizioni su merci, servizi e investimenti; sospensione della protezione della proprietà intellettuale; esclusione da appalti pubblici; revoca di autorizzazioni operative. L’ACI può inoltre essere attivato in risposta a minacce che non riguardano direttamente il commercio, come pressioni su materie prime critiche, sanzioni finanziarie o campagne di disinformazione.
Ma è nel campo dei servizi digitali che oggi l’Europa individua la leva più efficace per rispondere agli Stati Uniti.
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Bazooka UE. Perché le Big Tech sono il vero bersaglio
Se in passato la guerra commerciale si combatteva sui beni fisici, oggi il fronte più vulnerabile per gli interessi americani è il digitale. Colossi come Apple, Meta, Amazon e Microsoft generano in Europa fette rilevanti del loro fatturato globale. Operano su scala continentale e dipendono da normative, infrastrutture e relazioni con le istituzioni europee.
Tra le misure in discussione: l’esclusione temporanea delle Big Tech dagli appalti pubblici dell’UE – un mercato che vale oltre 2.000 miliardi di euro l’anno – e la sospensione della validità dei loro brevetti nel territorio europeo. Bruxelles potrebbe inoltre limitare gli oltre 300 miliardi di euro annui di investimenti in aziende americane.
A queste leve si sommano gli strumenti già operativi con il Digital Markets Act e il Digital Services Act, che consentono all’UE di imporre multe fino al 10% del fatturato globale e obblighi stringenti in termini di interoperabilità, trasparenza e concorrenza.
Non si tratta solo di ritorsioni. Bruxelles punta a ricalibrare i rapporti di forza nel settore digitale e a smettere di giocare un ruolo subordinato nel confronto con le piattaforme americane.
Il vero banco di prova: deterrenza e pressione politica
L’obiettivo dell’UE, almeno nella fase attuale, non è colpire immediatamente ma fare deterrenza. Il bazooka serve a portare Washington a sedersi al tavolo con la consapevolezza che Bruxelles ha i mezzi per reagire. Tuttavia, perché sia credibile, lo strumento deve essere pronto all’uso. Per questo, la Commissione ha attivato una cabina di regia tecnico-politica che lavora su due fronti: un pacchetto di dazi immediati su prodotti simbolici americani e la definizione operativa delle condizioni per attivare l’ACI.
Il primo pacchetto riguarda beni già colpiti in passato: Harley-Davidson, jeans Levi’s, burro d’arachidi, tabacco, whiskey. Ma si va oltre: un secondo blocco, in fase avanzata, potrebbe coinvolgere beni per un valore di 72 miliardi di euro, colpendo anche alimentare, cosmetica, chimica e farmaceutica. L’intenzione è incidere dove si concentrano gli interessi economici e il peso delle lobby.
Nel frattempo, i servizi della Commissione stanno mappando il terreno digitale. Si lavora a una risposta “a geometria variabile” che potrebbe includere un aggravio fiscale sulle pubblicità online, blocchi a bandi pubblici in settori strategici come il cloud, e nuove restrizioni su investimenti in piattaforme e media digitali. La Francia spinge per un’attivazione rapida dell’ACI, sostenuta da alcuni Paesi nordici. Altri governi, come l’Italia, mantengono una linea più cauta, chiedendo di esaurire prima tutte le opzioni diplomatiche.
Ma il clima è cambiato. Come ha dichiarato Giulio Tremonti al Sole 24 Ore, “l’Europa deve reagire in modo nuovo e strutturato, facendo leva su ciò che è più strategico: il controllo del mercato interno e la fiscalità del digitale”. Una posizione che trova eco a Bruxelles, dove il bazooka europeo non è più visto come una riserva d’emergenza, ma come una leva per riscrivere i rapporti di forza dell’economia globale.
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