La fine del supporto a Windows 7 è vicina. Il che non vuol dire che la fine del mondo sia vicina, ma per le aziende poco ci manca. Microsoft ha annunciato già da tempo che il 14 gennaio 2020 sarà il giorno della fine del supporto a Windows 7. E, per milioni di aziende nel mondo, non sarà un giorno come un altro.

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Fine del supporto significa che Microsoft non rilascerà più aggiornamenti e patches per Windows 7 e, soprattutto, che lei o i suoi partner di canale non garantiranno più il supporto tecnico. Anzi, facciamo notare che già il 13 gennaio 2015 – più di quattro anni fa – Microsoft aveva interrotto il rollout di nuove funzionalità per il sistema operativo, passando da una fase di supporto ordinario a una straordinaria.

Inoltre, dal primo dicembre 2019 Microsoft metterà a disposizione (a pagamento e neanche a poco prezzo) la sua Extended Security Update definitiva a un maggior numero di aziende clienti, e non solo a quelle con un certo numero di licenze. Questa, per tre anni, sarà l’ultima àncora di salvezza per i ritardatari che, teoricamente ma solo teoricamente, potrebbero andare avanti.

Non aggiornare i computer a Windows 10 espone le aziende a vulnerabilità

Ma, in ogni caso, anche questo interregno si sta concludendo e, per i Cio e i responsabili dei sistemi informativi delle aziende non ci sono più scuse: via Windows 7 da tutti i computer aziendali. Certo, chi non vorrà cambiare niente potrà continuare a farlo, ma sottoporrà la propria azienda a rischi inenarrabili per la sicurezza, visto che Microsoft non rilascerà più patches e nuovi tipi di attacchi sono sempre dietro l’angolo.

Prima di capire come affrontare sereni la fine del supporto di Windows 7, diamo un’occhiata all’entità della questione. Intanto c’è da dire che più della metà dei computer con sistema operativo Microsoft usano Windows 10. Il sorpasso è arrivato a fine estate. Secondo i dati di Netmmarketshare, oggi Windows 7 è comunque presente in circa il 30% dei Pc, desktop e mobile nel mondo. E, se Microsoft dichiara che ci sono 900 milioni di macchine su cui gira Windows 10, facendo i conti della serva sarebbero circa 500 milioni le macchine in cui gira ancora, più o meno allegramente, Windows 7.

Fine supporto Windows 7: cosa fare per aggiornare i sistemi a Windows 10?

Bene, non sono proprio bruscolini. Dunque, cosa dovrà fare il povero responsabile dei sistemi informativi di un’azienda, piccola o grande che sia, per aggiornare le macchine aziendali? In primo luogo, si dovrà accertare la compatibilità dell’hardware con Windows 10. Microsoft gioca al ribasso e indica come caratteristiche minime le seguenti:

Processore: 1 gigahertz (GHz) o SoC (Sytem on a Chip).
RAM: 1 gigabyte (GB) per i sistemi a 32-bit o 2 GB per quelli a 64-bit.
Spazio su disco: 16 GB per i sistemi operativi a 32-bit o 20 GB per quelli a 64-bit.
Scheda grafica: minimo DirectX 9 con driver WDDM 1.0.
Schermo: risoluzione minima da 800×600.

Standing ovations? Brindisi? Non proprio. Ricordiamo che queste sono caratteristiche minime che Microsoft immagina essere abbastanza comuni. Evidentemente per non gettarsi la zappa sui piedi. Ma per sperare che un task venga risolto in un tempo accettabile, non ci si può accontentare.

Certo, le caratteristiche di un PC dipendono dalle singole attività dei dipendenti ma, in ogni caso, si gioca troppo al ribasso. Le caratteristiche ragionevoli, invece, sarebbero: un processore da 2 GHz dual-core, 4 GB di Ram, meglio se 8, un disco da 160 GB. Se avete aggiornato il parco macchine da meno di tre anni, però, potrebbe valer la pena di eseguire solo l’aggiornamento di sistema.

Soluzioni creative? Non facciamo gli spiritosi

I più parsimoniosi potrebbero tentare un aggiornamento delle singole componenti su ogni Pc. Ma quanto costerebbe in termini di tempo, risorse e soldi? I più creativi, invece, potrebbero immaginare di installare Linux su tutte le macchine.

Oltre a un equivalente dispendio di tempi e risorse, per spegnere gli entusiasmi gli consigliamo di immaginare l’espressione dei dipendenti di fronte a una nuova interfaccia e i mal di testa successivi all’adeguamento delle versioni dei software. In pochi minuti il numero di ticket di intervento raggiungerebbe le quantità di un mese. E vogliamo citare la necessità che le macchine siano GDPR compliant? No, non la citiamo, meglio di no.

fine del supporto a Windows 7

Quindi? Quindi trasformiamo il problema in opportunità, aggiornando il parco macchine. Non c’è molto da discutere, mano al portafoglio e procediamo. Ma non andiamo al supermercato e ordiniamo Pc a caso. Configurazioni a parte, la fine del supporto a Windows 7 può essere un’ottima occasione per fare un passo significativo verso la Digital Transformation.

Secondo gli assiomi della buona Data Driven Company, dovremmo focalizzarci sulla risorsa umana. Dovremmo ripensare lo strumento informatico, qualunque esso sia, come l’hub del Digital Workspace. Come il mezzo con cui ripensare la postazione di lavoro in modalità più agile e funzionale grazie al giusto bouquet di servizi gestiti.

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Fine del supporto a Windows 7: come le aziende possono correre ai ripari ultima modifica: 2019-12-18T17:24:31+01:00 da Valerio Mariani

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