L’intelligenza artificiale è già parte integrante della vita quotidiana e dei processi aziendali, ma serve maggiore consapevolezza per governarla e non subirla.
La strategia 
“AI everywhere” di WeAreProject nasce per accompagnare le imprese in un percorso etico e sostenibile, oltre l’hype del momento. Opportunità e rischi convivono: dall’efficienza dei processi all’aumento delle superfici di attacco in cybersecurity, l’AI richiede attenzione critica. La sfida non è solo tecnologica ma culturale: costruire ecosistemi collaborativi è la chiave per sfruttarne davvero il potenziale.

Lo sappiamo e lo ripetiamo da tempo: l’intelligenza artificiale è ormai parte integrante della vita quotidiana e del mondo delle imprese. Non una tecnologia futuristica, lo sappiamo bene, ma una realtà concreta che permea processi, strumenti e abitudini. Ed è proprio per questa sua pervasività che è diventato urgente conoscerla, comprenderla e ancora di più comprendere come gestirla, quali opportunità offrire e quali rischi evitare.
Anche – non è banale – per non rischiare di cadere nel vortice della “moda del momento”. 

All’interno dell’ecosistema WeAreProject, Diego Lavezzi – AI Solution Manager – lavora da anni per accompagnare le aziende verso un uso etico, sostenibile ed efficace dell’AI. 
E la strategia di AI everywhere nasce da questa esigenza: trasformare l’hype tecnologico in consapevolezza, dotando le imprese di strumenti concreti per integrare l’intelligenza artificiale nei processi di business.

Dall’hype alla realtà: perché l’AI è già ovunque

La premessa è chiara: per molto tempo l’AI è stata percepita come una promessa del futuro. Oggi, invece, è radicata nelle esperienze di tutti i giorni: dagli assistenti vocali che rispondono ai comandi domestici, agli algoritmi che personalizzano i contenuti sulle piattaforme digitali che utilizziamo quotidianamente o suggeriscono le notizie più pertinenti in base ai nostri interessi sui dispositivi che portiamo sempre con noi.

“Quando ti svegli al mattino e trovi l’alert con i tuoi appuntamenti o quando chiedi a un assistente virtuale di far partire la musica, stai già usando l’intelligenza artificiale- , racconta Diego Lavezzi. – È una presenza invisibile, che spesso diamo per scontata. Ma proprio perché è ovunque, dobbiamo prenderne piena coscienza”.

E se è importante per ciascuno di noi, come persona e come “cittadino digitale”, per le aziende questo passaggio è ancora più cruciale. Non si tratta di “avere il gadget del momento”, ma di integrare l’AI in modo strategico, nei processi che generano valore. Lavezzi sottolinea: “Il rischio è quello di farsi governare dalla tecnologia invece che governarla. Serve consapevolezza, perché l’AI non è un fenomeno futuro, è già qui”.

WeAreProject: un ecosistema per innovare insieme

AI everywhere si inserisce appieno nella filosofia e nell’approccio al mercato che guida WeAreProject, che si basa su un concetto chiave: l’innovazione non è mai un percorso solitario. Per avere successo, deve nascere dalla collaborazione tra competenze diverse, coniugando la conoscenza tecnologica con quella di business.

“Il nostro “we” significa molte cose”, racconta Lavezzi. “È il gruppo di società che compongono il nostro ecosistema, ognuna con la propria verticalità. Ma è anche la collaborazione con i partner e con i clienti. Noi portiamo le competenze tecnologiche, i clienti portano la conoscenza dei processi e dei mercati. Solo insieme si può fare innovazione”.

Questa visione si riflette nel modello operativo di WeAreProject, che mette a sistema professionalità eterogenee: ingegneri, data scientist, manager, consulenti. Un approccio end-to-end che consente di affrontare i progetti con una prospettiva completa, dall’ideazione alla realizzazione.
Anche quando si parla di intelligenza artificiale.

AI everywhere, opportunità e rischi: il confine sottile

Per questo, Lavezzi tiene a sottolineare un punto. 
Se le potenzialità dell’AI sono enormi, i rischi non vanno sottovalutati. 
Ed evidenzia due atteggiamenti sbagliati diffusi nelle aziende: da un lato pensare che l’AI sia una “bacchetta magica” capace di risolvere ogni problema, dall’altro implementarla senza una preparazione adeguata.

“Una pratica corretta è invece mantenere sempre un atteggiamento critico” osserva. “L’AI deve supportare la capacità umana, non sostituirla. Non possiamo dare per scontati i risultati: gli algoritmi possono generare falsi positivi o “allucinazioni”. È compito nostro verificarli e interpretarli”.

Non solo: accanto a questi aspetti, non bisogna trascurare il grande tema della cybersecurity. L’introduzione massiccia dell’AI comporta nuove vulnerabilità e nuove superfici di attacco. “Così come in sicurezza informatica non si può abbassare la guardia pensando che il perimetro sia protetto per sempre, anche con l’AI serve vigilanza continua. Cybersecurity e intelligenza artificiale devono sostenersi a vicenda: l’una protegge l’altra”.

AI e imprese: siamo solo all’inizio

C’è del sano realismo nella visione di Lavezzi.
Se guardiamo al mondo delle imprese e cerchiamo di misurare l’impatto reale dell’AI sulle organizzazioni, siamo ancora a uno stadio iniziale. “Direi che siamo a un 6 su 10 -, afferma. – Abbiamo iniziato a usare l’AI per aumentare l’efficienza personale – ad esempio con assistenti e chatbot – ma non l’abbiamo ancora integrata in profondità nei processi aziendali. Il margine di miglioramento è enorme”.

Le imprese spesso non sfruttano appieno l’AI nei settori più strategici, come l’analisi dei dati, la customer experience o l’ottimizzazione dei flussi operativi. Molte applicazioni si fermano alla superficie, alle funzioni più “visibili” o di immediato effetto, senza cogliere le opportunità più profonde di trasformazione.

Ma è in queste parole di Lavezzi la vera svolta: “L’AI non deve essere il centro di un progetto, ma il supporto che lo rende più efficace -, spiega Lavezzi. – Può migliorare la lettura dei dati, semplificare l’esperienza utente, potenziare la capacità decisionale. È in questi ambiti che ci sono spazi ancora inesplorati”.

AI everywhere: la consapevolezza come obiettivo finale

Il filo conduttore di AI everywhere è dunque chiaro: diffondere consapevolezza. Senza una comprensione critica e responsabile, l’AI rischia di diventare un fenomeno invisibile, dato per scontato, con conseguenze potenzialmente dannose.

La partita, dunque, non si gioca solo sul piano tecnologico, ma soprattutto culturale e organizzativo. Le imprese che sapranno sviluppare la giusta sensibilità, valorizzando gli ecosistemi e mantenendo viva la capacità critica, avranno la possibilità di sfruttare appieno il potenziale dell’AI.

Uno scenario in evoluzione

L’appuntamento con AI everywhere si articola in tre tappe. Dopo l’analisi del ruolo dell’AI nella vita quotidiana, il percorso si concentrerà sull’impatto nei processi di business e infine sugli aspetti tecnologici. L’obiettivo è costruire una sorta di guida d’uso, pragmatica e concreta, che accompagni aziende e professionisti in un contesto in rapidissima trasformazione.

AI everywhere: la sfida della consapevolezza e il ruolo degli ecosistemi ultima modifica: 2025-10-07T10:55:00+02:00 da Miti Della Mura

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