Outcome first: la strategia di Dell Technologies per un’AI sostenibile e consapevole.
Marco Fanizzi: “Partire dagli outcome, non dagli use case. Solo così l’AI diventa valore e non caos”
È diventato ormai un mantra: l’intelligenza artificiale è una costante del dibattito economico e industriale. Ma tra entusiasmi e paure, piani di investimento e annunci, la vera differenza la fa chi riesce a trasformarla in valore concreto.
E Marco Fanizzi, Vice President Sales & Managing Director di Dell Technologies Italia, tiene a ribadirlo: l’AI non è soltanto una tecnologia: è un modo nuovo di pensare e di organizzare il lavoro. “L’AI cambia la vita e il modo di lavorare, ma per tradurre questa trasformazione in competitività serve un approccio ordinato, che parta dagli obiettivi e non dai singoli casi d’uso. Se si parte dagli outcome, gli use case arrivano da soli. Se si parte dagli use case, si rischia solo di aggiungere complessità”, osserva.
È una visione che si inserisce appieno nella strategia di Dell Technologies: perseguire una progettualità che metta al centro le persone, la cultura e un ecosistema di partner capaci di accompagnare le imprese verso un’adozione consapevole dell’intelligenza artificiale.
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Formazione, consapevolezza e una nuova mentalità
Ma per farlo è importante avere altrettanta consapevolezza della situazione reale e delle altrettanto reali prospettive. Secondo quanto emerge dalla ricerca Innovation Catalyst condotta da Dell Technologies in quaranta Paesi, il 78 % delle aziende italiane ha già avviato programmi di formazione per sviluppare competenze in ambito GenAI e nuove tecnologie. È un segnale positivo, ma non basta. Il 40 % degli intervistati ammette di non sapere ancora in che direzione evolverà il proprio settore nei prossimi tre–cinque anni
“C’è voglia di fare, ma anche tanta incertezza. Molte aziende investono, ma spesso senza una visione strategica. E la cultura digitale non è ancora patrimonio diffuso”, sottolinea Fanizzi.
Secondo il manager, il problema non è solo tecnologico: è soprattutto organizzativo e culturale. “I CEO italiani sono in gran parte favorevoli all’AI, ma pochi hanno un background tecnologico; i CIO invece usano i budget per ottimizzare ciò che già esiste. Serve un salto culturale che porti a una visione comune, condivisa a tutti i livelli dell’impresa”.
Per Dell Technologies, questa transizione non può prescindere da un investimento sulle persone. “Le aziende più mature sono quelle che non si limitano a introdurre strumenti, ma formano le persone per usarli in modo intelligente. L’AI non sostituisce l’uomo, lo completa. Ma perché accada, bisogna capire come ridisegnare i ruoli e i processi”, aggiunge Fanizzi.
Dall’hype al metodo: l’approccio “outcome first” di Dell Technologies
Probabilmente – ed è qui che entra in gioco l’approccio con il quale affrontare il percorso – le imprese dovrebbero fare un passo indietro prima di fare quello in avanti: devono capire dove vogliono arrivare. L’obiettivo è evitare uno sviluppo disordinato dell’intelligenza artificiale, in cui i progetti nascono in modo opportunistico, senza coerenza né integrazione.
“Molte aziende iniziano dall’idea di fare qualcosa con l’AI. Ma l’AI non è un progetto a sé stante, non è solo uno use case, è un percorso. Bisogna chiedersi prima di tutto: quale risultato operativo voglio ottenere? Efficienza? Sostenibilità? Miglioramento del servizio clienti? Da qui si costruisce la strategia, poi vengono gli algoritmi, i modelli, le piattaforme”, spiega Fanizzi.
Questo approccio pragmatico — che Fanizzi definisce outcome first — consente di connettere business e tecnologia e di evitare la frammentazione tipica delle fasi pionieristiche. È anche la base su cui Dell costruisce le proprie soluzioni di AI Factory, un modello pensato per rendere l’intelligenza artificiale scalabile, sostenibile e governabile.
Il punto sta tutto qui.
Le AI Factory non sono prodotti, ma metodologie e infrastrutture di riferimento che aiutano le organizzazioni a implementare l’AI in modo coerente, allineando dati, applicazioni e risorse. “Il vero tema oggi non è più se usare l’AI, ma come farlo bene. E per farlo bene servono basi solide: infrastrutture affidabili, ma anche procedure, policy e competenze”, sintetizza Fanizzi.
Sovranità del dato e fiducia nella tecnologia
L’Italia, ricorda il manager, è stato il primo Paese europeo a varare una legge nazionale sull’intelligenza artificiale, ponendo al centro la sovranità tecnologica e la tutela del dato. “È un segnale importante: significa che la discussione si sta spostando dalla fascinazione per la tecnologia alla consapevolezza del suo impatto economico e sociale”, commenta Fanizzi.
In questo quadro, Dell Technologies propone una visione di AI sovrana e ibrida, che valorizza la prossimità del dato e la collaborazione con i grandi hyperscaler. “Non si tratta di scegliere tra cloud e on-premise, ma di trovare l’equilibrio giusto. Gli hyperscaler garantiscono velocità e time to market, ma ci sono anche temi di privacy, costi e sostenibilità da tenere in giusta considerazione. Le imprese più lungimiranti stanno ripensando le proprie architetture per portare l’AI vicino ai dati, non viceversa”.
È una tendenza che, secondo Fanizzi, può aiutare anche le PMI italiane, spesso frenate dalla mancanza di risorse e competenze. “Le piccole e medie imprese hanno curiosità e voglia di sperimentare. Ma vanno accompagnate. L’obiettivo è metterle in condizione di usare l’AI per migliorare quello che già fanno: la produzione, la logistica, la relazione con i clienti”.
I settori che stanno cambiando
Guardando al mercato, Fanizzi individua diverse velocità. Le banche e le telco restano i motori principali dell’adozione di nuove tecnologie, forti di investimenti strutturati e cultura dei dati. Il manifatturiero sta entrando ora in una fase di sperimentazione matura, portando l’AI nelle catene produttive per ottimizzare processi e ridurre sprechi.
La pubblica amministrazione, infine, rappresenta la grande incognita — ma anche la grande occasione.
“Nei prossimi diciotto mesi mi aspetto un’accelerazione, spinta anche dal PNRR e dai bandi Consip che includono l’AI come leva per la modernizzazione. Non parliamo solo di ministeri o comuni: ci sono società pubbliche e in house che erogano servizi digitali e possono diventare il primo banco di prova per un’AI al servizio dei cittadini”, spiega Fanizzi.
Accanto ai grandi comparti, l’AI può rappresentare anche un fattore di scala per le startup e gli ISV italiani, spesso penalizzati da mercati di nicchia. “La scalabilità è il punto debole del nostro ecosistema. Le AI Factory possono aiutare anche in questo, offrendo una piattaforma comune su cui costruire applicazioni e servizi. È un modo per far crescere le imprese innovative senza costringerle a partire da zero”.
L’ecosistema dei partner di Dell Technologies: costruire valore insieme
Nessuna trasformazione, ribadisce di nuovo Fanizzi, può avvenire in isolamento. “L’AI non è un prodotto da acquistare, ma un viaggio da intraprendere. E in ogni viaggio serve una rete di alleati”.
Nel tempo, Dell Technologies ha costruito un ecosistema ampio di partner, che comprende fornitori di hardware, software, integratori e distributori, ma anche università e centri di ricerca. Collaborazioni con player come NVIDIA, AMD, Intel, Google, Cohere, Glean, Mistral AI e Meta permettono di offrire soluzioni personalizzabili, integrate e adatte ai contesti più diversi.
Il ruolo dei partner, però, va oltre la tecnologia. “Sono loro a portare le competenze verticali che servono ai clienti: nel manifatturiero, nella sanità, nella PA. Il nostro compito è dare strumenti, risorse e un framework metodologico. Ma il valore nasce dall’integrazione: la vera innovazione è collaborativa”, afferma Fanizzi.
Dell Technologies, del resto, continua a investire su servizi di consulenza, formazione e resilienza legati all’AI, per aiutare le aziende a garantire sicurezza dei dati, qualità dei modelli e continuità operativa.
Un Paese in transizione
L’Italia, osserva Fanizzi, si trova in una fase di transizione matura. “Non siamo più al punto zero. Molte aziende hanno già fatto formazione, sperimentato use case, messo in piedi i primi modelli predittivi. Ora serve il passo successivo: portare l’AI in produzione, renderla parte dei processi quotidiani”.
Per riuscirci, il 2026 sarà — secondo Fanizzi — l’anno della pianificazione e dei budget strutturati. “Le resistenze si stanno sciogliendo, cresce la fiducia. Oggi le aziende chiedono di capire come pianificare gli investimenti in modo sostenibile. E questo è un segnale positivo: vuol dire che si sta passando dall’hype all’esecuzione”.
Gli investimenti pubblici e privati previsti per i prossimi anni — tra uno e due miliardi di euro solo per AI e cybersecurity — indicano che il terreno è pronto. Ma la sfida, avverte Fanizzi, sarà tutta nella coerenza dell’esecuzione. “Abbiamo bisogno di continuità, non di picchi. Di processi, non di progetti spot. L’AI può essere la leva che ridisegna la produttività del Paese, ma solo se impariamo a governarla con metodo”.
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