Negli ultimi mesi, il dibattito attorno agli AI agents – sistemi autonomi capaci di pianificare, decidere e agire in contesti complessi – si è intensificato. Molte aziende vedono nell’adozione dell’agentic AI nelle loro organizzazioni una leva per accelerare la produttività, ottimizzare processi interni e sviluppare nuovi modelli di relazione con clienti e partner. 
C’è un punto, tuttavia, che va chiarito: la corsa all’adozione, se pure interessante in termini di sviluppo e prospettive di mercato, porta con sé rischi concreti.
E se è vero che c’è una evidente concordanza tra gli analisti nel sostenere che gli investimenti in tecnologie AI nei prossimi dodici mesi sono destinati a crescere, è altrettanto vero che in molti cominciano a evidenziare anche qualche segnale di preoccupazione: la fretta non è mai buona consigliera quando si parla di atonomous agent. Non importa in quanto tempo un’organizzazione riesca a sviluppare un prototipo funzionante: senza una governance solida dei dati, adeguate misure di sicurezza, una chiara definizione dei ruoli e un’architettura di orchestrazione, il rischio è di costruire strumenti fragili, inefficaci o addirittura dannosi.

AI Agents, la velocità come falso obiettivo

La pressione a innovare in tempi rapidi è comprensibile.
L’attuale fase ricorda da vicino l’entusiasmo dei primi anni della app economy, quando nacquero soluzioni per ogni esigenza e le aziende si trovarono presto a fare i conti con fenomeni di shadow IT e con una diffusione incontrollata di applicazioni nei propri sistemi.

Con gli AI agents la dinamica è simile: rincorrere la velocità di rilascio può tradursi in complessità crescente, debito tecnico e scarsa qualità dei risultati. E non a caso esperti e analisti mettono in guardia contro i prototipi spinti in produzione senza validazione, l’accesso incontrollato ai dati sensibili, la mancanza di osservabilità su performance, compliance o bias dei modelli.

Il punto centrale non è quanto rapidamente si arriva sul mercato, ma come si costruisce una base resiliente e scalabile. Come è avvenuto per altre tecnologie dirompenti, il dilemma non è tra velocità e lentezza, ma tra rapidità miope e crescita sostenibile.

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Ripensare i processi in ottica AI

Un errore frequente nell’adozione degli AI agents è immaginarli come un semplice “innesto” in processi aziendali già esistenti. Questa scelta, apparentemente rapida, rischia di generare inefficienze e frustrazione: un agente inserito in flussi complessi e stratificati finisce spesso per replicarne rigidità e criticità, senza produrre reali benefici. In alcuni casi, l’automazione può persino aumentare la complessità, sommando nuovi livelli di controllo a procedure già farraginose.

Per ottenere un impatto concreto è necessario invece ripensare i processi in chiave nativamente AI-driven. Ciò significa analizzare i flussi di lavoro non per come sono sempre stati gestiti, ma per come potrebbero evolvere con il supporto di un agente capace di apprendere, interagire e prendere decisioni in autonomia. È un esercizio di reingegnerizzazione che richiede di distinguere tra attività che traggono vantaggio dall’autonomia decisionale dell’agente e passaggi che, al contrario, devono rimanere sotto la supervisione diretta delle persone.

In questa prospettiva, l’introduzione di un AI agent diventa un’occasione per eliminare ridondanze, semplificare interazioni, ridisegnare la relazione tra sistemi informativi e capitale umano. Ad esempio, processi tradizionali di approvazione multilivello, pensati per minimizzare rischi in contesti manuali, possono essere ridotti e snelliti grazie a logiche di validazione automatica e monitoraggio continuo. Allo stesso modo, la gestione documentale o l’analisi di grandi volumi di dati possono passare da sequenze di passaggi manuali a modelli in cui l’agente esegue la maggior parte delle operazioni, lasciando alle persone il compito di verificare e intervenire solo sui casi eccezionali.

Non si tratta, dunque, di “infilare l’AI nel vecchio flusso”, ma di trasformare il flusso stesso, rendendolo più semplice, trasparente e misurabile. 

La centralità della data governance

Il cuore di ogni agente è la sua capacità di accedere, interpretare e utilizzare dati eterogenei, spesso non strutturati. Qui si gioca una partita decisiva:

  • Access control: gli agenti devono operare secondo il principio del minimo privilegio, con ruoli e responsabilità chiari. Trattarli come “membri virtuali del C-level” non è una metafora azzardata: come un CFO non ha accesso a ogni informazione aziendale, così un AI agent deve avere confini precisi.
  • Qualità e freschezza dei dati: informazioni incomplete, ridondanti o datate compromettono la capacità decisionale degli agenti, amplificando errori e “allucinazioni”.
  • Data masking e sicurezza by design: l’uso di dati produttivi senza controlli adeguati può portare a esfiltrazioni o violazioni normative. Integrare pratiche di data lineage e classificazione sin dalle prime fasi del ciclo di sviluppo riduce i rischi.
  • Compliance normativa: dal GDPR alle normative settoriali, il rispetto dei requisiti legali è imprescindibile. L’impiego di dati sintetici o anonimizzati può essere una soluzione in fase di test e addestramento.

Una governance rigorosa consente di trasformare la massa di dati in asset affidabili, riducendo al minimo il rischio di esposizione.

Sicurezza: il tallone d’Achille degli agenti

Concedere autonomia operativa a un sistema che dialoga con applicazioni, database e servizi esterni significa, inevitabilmente, esporlo a nuovi rischi. Gli agenti possono essere manipolati con comandi ingannevoli che li spingono a rivelare informazioni o a compiere azioni indesiderate; possono ottenere accessi non autorizzati a causa di configurazioni troppo permissive; oppure finire per utilizzare strumenti compromessi che li guidano verso fonti malevole. A tutto questo si aggiunge il pericolo, non meno rilevante, di una “fuoriuscita accidentale” di dati riservati, magari condivisi senza che ci sia reale consapevolezza. È il prezzo della complessità: più l’agente è autonomo, più diventa necessario pensare alla sicurezza come parte integrante del suo disegno.
Per questo motivo, diversi esperti suggeriscono di adottare un modello Zero Trust applicato anche agli agenti, con controlli granulari, logging continuo, audit trail e monitoraggio comportamentale. Non bastano protezioni “a posteriori”: la sicurezza deve essere integrata nel disegno stesso dell’agente e aggiornata dinamicamente.

Orchestrazione e integrazione: la vera sfida operativa

Un aspetto spesso sottovalutato riguarda l’orchestrazione. Gli agenti non operano in un vuoto, ma interagiscono con sistemi ERP, CRM, piattaforme di collaboration, database e servizi esterni. La loro efficacia dipende dalla capacità di coordinare in modo fluido queste diverse fonti e strumenti, evitando ridondanze e conflitti. Gli ostacoli non mancano: l’interoperabilità, ad esempio, può essere compromessa da endpoint lenti, API limitate o incompatibili che rallentano i flussi decisionali; la scalabilità rischia di diventare un problema quando l’elaborazione di richieste complesse richiede risorse computazionali elevate e genera latenza; infine, il monitoraggio della catena di azioni risulta complicato, poiché la natura non deterministica dei modelli rende difficile individuare errori intermedi o deviazioni dalle policy aziendali.

Affrontare questi nodi richiede un approccio graduale, con l’aggiunta progressiva di nuove fonti e funzionalità, accompagnata da un robusto sistema di validazione. La gestione del ciclo di vita degli agenti (AgentOps o ModelOps) diventa una competenza chiave per le imprese che vogliono sfruttare il potenziale dell’AI senza comprometterne l’affidabilità.

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AI Agents, etica e trasparenza come condizioni abilitanti

Accanto alla dimensione tecnica e organizzativa, l’adozione degli AI agent apre un fronte altrettanto cruciale: quello dell’etica e della trasparenza. La loro autonomia decisionale e la capacità di influenzare processi sensibili impongono che ogni azione sia spiegabile, verificabile e allineata a principi chiari di responsabilità.

Un agente che prende decisioni senza possibilità di rendere conto delle logiche utilizzate rischia di introdurre opacità in aree delicate come la gestione delle risorse umane, l’accesso al credito o le relazioni con i clienti. Per questo motivo, l’esigenza di AI spiegabile (Explainable AI) non può più essere vista come un’opzione, ma come un requisito strutturale: i sistemi devono essere in grado di mostrare, almeno in parte, le motivazioni che hanno portato a una determinata scelta o raccomandazione.

La trasparenza non è solo un antidoto ai bias, ma anche uno strumento di fiducia verso dipendenti, clienti e stakeholder. Se le persone percepiscono che l’AI agisce in modo imprevedibile o ingiustificato, l’intero processo di adozione viene compromesso. Al contrario, un modello in cui regole, dati e limiti operativi sono chiari rafforza l’accettazione della tecnologia e permette di collocarla come un supporto al lavoro umano, non come una minaccia.

L’etica, inoltre, si lega strettamente alla governance: stabilire quali dati possono essere usati, con quali controlli, per quali scopi e con quali meccanismi di accountability. Una scelta progettuale etica non è quindi un vincolo esterno, ma una condizione abilitante che consente agli AI agent di operare in maniera sostenibile e duratura, prevenendo rischi reputazionali, legali e sociali.

Un evento che guida a una adozione consapevole

Gli AI agents rappresentano una delle frontiere più promettenti dell’intelligenza artificiale applicata alle imprese. La possibilità di orchestrare processi, gestire flussi di dati e prendere decisioni in autonomia apre scenari di trasformazione profonda. Tuttavia, questa promessa non deve illudere i decisori: il vero valore non risiede nella rapidità del rilascio, bensì nella capacità di integrare responsabilmente la tecnologia con governance dei dati, sicurezza intrinseca, orchestrazione efficace e piani di qualità e controllo.
Chi riuscirà a farlo non avrà solo un agente in più nei propri sistemi, ma un moltiplicatore di valore, affidabile e sostenibile nel tempo.

Ecco perché il dibattito sugli AI agents non resta e non deve restare confinato agli articoli e alle analisi di settore, ma trova oggi spazio anche in appuntamenti concreti dove aziende e professionisti possono confrontarsi sulle sfide reali. 
È questo lo spirito di BeeDigital 2025, evento organizzato da Infor in programma il prossimo 9 ottobre presso la Fondazione Magnani-Rocca (PR). Giunta alla sua quarta edizione, la manifestazione metterà al centro proprio i temi più caldi emersi in questi mesi: come orchestrare in modo sicuro i dati, quali modelli di governance adottare, quali strategie di cybersecurity integrare e in che modo gli AI agents possono diventare moltiplicatori di valore invece che fonti di rischio.

Il filo conduttore sarà quello del nuovo paradigma dell’impresa intelligente, in cui tecnologie diverse collaborano, i dati guidano i processi e la sicurezza protegge asset e decisioni. Vendor internazionali come Microsoft, HPE, Sophos e Veeam porteranno sul palco visioni e casi concreti, mentre il giornalista Marco Maria Lorusso modererà i talk e la tavola rotonda, stimolando un confronto diretto tra esperti e imprese.

Agenda di BeeDigital 2025

  • 15.00 – 15.30 | Accredito partecipanti
  • 15.30 – 16.45 | Talk con esperti e vendor sul ruolo degli AI agents, la governance dei dati e la sicurezza come prerequisito per l’innovazione.
  • 16.45 – 18.00 | Tavola rotonda e Q&A per approfondire i nodi dell’orchestrazione e le esperienze già in corso nelle imprese italiane.
  • 18.00 – 19.30 | Aperitivo di networking per continuare il dialogo in modo informale e favorire nuove connessioni professionali.

BeeDigital sarà quindi l’occasione ideale per tradurre le riflessioni sull’adozione responsabile degli AI agent in pratiche concrete, confrontandosi con chi già oggi sta sperimentando modelli di orchestrazione, data governance e sicurezza by design.

AI agents, tra velocità e responsabilità: le priorità per le imprese ultima modifica: 2025-09-16T18:53:23+02:00 da Miti Della Mura

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