C’è ancora bisogno di consigliare alle aziende di dotarsi di un piano di Disaster Recovery? Forse sì. Secondo i dati più recenti dell’Osservatorio del Politecnico di Milano, il 13% delle aziende italiane non prevede ancora un piano di investimenti dedicato all’Information Security e Privacy e il 6% stanzia finanziamenti solo in caso di necessità.

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La percentuale sembra accettabile se consideriamo la totalità delle aziende, ma diventa preoccupante se scendiamo di dimensione. Non è ben chiaro quante PMI italiane hanno pronto il loro piano di Disaster Recovery ma, soprattutto, quante lo hanno mai testato.

il 25% delle aziende nel mondo dichiara di avere un piano di Disaster Recovery da qualche parte ma ammette candidamente di non averlo mai provato.

Piano di Disaster Recovery: se non lo hai il business rischia

Insomma, vendor, system integrator e tutti gli operatori It devono continuare a pressare le aziende clienti per sensibilizzarle sulla determinante questione della protezione dei dati e dei servizi. Essere una Data Driven Company oggi, infatti, non è una moda ma una necessità.

Intraprendere un percorso di Digital Transformation e mettere i dati davanti a tutto – è dimostrato – influisce negativamente sul business.

Se oggi i dati sono l’elemento strategico da cui generare business, avrebbe senso prendersene cura, nel modo migliore possibile. Lapalissiano. Così, all’interno del vasto calderone della information security e privacy, assumono una valenza particolare gli ambiti della Business Continuity e del Disaster Recovery.

Brevemente, gli strumenti applicativi per la Business Continuity lo dice il nome, garantiscono la continuità del business in caso di interruzione dei servizi.

Allo stesso modo, è facile intuire cosa si cela dietro il termine “Disaster Recover”. Si tratta delle soluzioni applicative pensate per recuperare i dati a seguito di un “disastro”. Una perdita dai sistemi in produzione, un furto a seguito di un’intrusione, un danneggiamento alle infrastrutture.

Con l’Industry 4.0 si complica la questione

Basterebbe il richiamo alla compliance, GDPR sopra tutti, per mettere in guardia le aziende dai rischi derivanti dall’assenza di un piano di Disaster Recovery e di una metodologia di Business Continuity. Ma non finisce qui. I piani per l’Industry 4.0 hanno complicato la questione.

I dati da proteggere si moltiplicano e non provengono più solo dai silos applicativi. Ci sono quelli generati dalle macchine in produzione o dai dispositivi IoT, distribuiti all’interno e all’esterno del perimetro aziendale. E se, per un qualsiasi problema, si interrompe il dialogo tra le macchine e i dispositivi e i repository di archiviazione dei dati, il disastro è reale.

Per esempio, le macchine in produzione possono dipendere da algoritmi di machine learning. Ciò significa che hanno bisogno di un flusso continuo di informazioni per continuare a lavorare e migliorare la loro efficienza.

Questo è un problema reale, che riguarda tutti, anche le piccole e medie aziende. Come quelle che sono coinvolte nell’indotto di produzione.

Sergentelorusso.it vuole approfondire proprio questo punto. Mettere in guardia le aziende dai rischi che corrono in mancanza di un piano di Disaster Recovery e di una Business Continuity.

E lo faremo grazie alla collaborazione di un ecosistema di eccellenza come quello composto da HPE, Veeam, e CDM Tecnoconsulting, il partner HPE della Gruppo Lutech che illustrerà dei pratici casi applicativi.

Dove? Quando? Qui:

Le nuove regole del Disaster Recovery a prova di Industry 4.0
30 Gennaio
I Portici Hotel, Via dell’Indipendenza, 69, 40121 Bologna

Non perdere l’evento organizzato da HPE e Lutech/CDM Tecnoconsulting all’interno del progetto HPE Innovation Lab Next.

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Piano di Disaster Recovery: se pensi all’Industry 4.0 è meglio averlo ultima modifica: 2020-01-15T18:13:16+01:00 da Valerio Mariani

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