Il disaster recovery deve essere strettamente connesso con la gestione dei dati in azienda. E il perché ce lo spiega in questa intervista Marco Deveronico, Sr Presales Consultant ICOS, distributore che quotidianamente supporta rivenditori e system integrator nella realizzazione di progetti di questo tipo. Un’intervista esclusiva che si inserisce nel progetto #DataRevolution sviluppato in collaborazione con NetApp.Se vi siete persi le puntate precedenti le trovate di seguito: Data Protection e remote working, MulticloudCloud Storage, Backup vs Disaster Recovery.

“Il disaster recovery è la predisposizione di un piano di ripartenza dei servizi informatici di un’azienda a seguito di un evento disastroso”.

Storicamente il disastro è sempre stato legato al concetto di imprevisto, imputabile ad esempio a eventi naturali, ma anche errori umani involontari in occasione di aggiornamenti critici sull’infrastruttura, oppure a imprevisti come la mancanza di energia elettrica del Data Center. “Il concetto di disastro, negli ultimi anni, si è allargato e ormai si vede come un evento disastroso e catastrofico anche l’attacco malware, in particolare ransomware. Si tratta dell’ultima frontiera di disastro da cui le aziende stanno cercando di porre rimedio: si cerca di difendersi da attacchi malevoli, volontari, per chiedere dei soldi in cambio della ripartenza e dell’accesso ai propri dati”.

I parametri del disaster recovery

Ma cosa significa fare un corretto disaster recovery? “Due sono i parametri tecnologici fondamentali: il primo è l’RTO (Recovery Time Objective) che misura in quanto tempo riesco a far ripartire i servizi informatici. Il secondo, l’RPO identifica quanto tempo passa tra due backup completi e successivi”.

Dunque, l’obiettivo di ogni azienda è quello di stabilire quale valore di RTO e RPO impostare attraverso delle soluzioni tecnologiche adeguate, così da ripartire il più velocemente possibile, su dati più recenti possibili. In altre parole, il successo di un piano di DR parte dalla preparazione di adeguate copie dei dati di produzione. In questo senso il backup, dunque, rappresenta il primo passo di un piano di disaster recovery.

NetApp: un pioniere della gestione dei dati

Secondo ICOS le soluzioni di NetApp, leader di mercato per la gestione dei dati in ambienti ibridi e multicloud, possono fare la differenza. Già dagli anni 90, con il sistema operativo Ontap, il vendor aveva portato sul mercato una soluzione innovativa, capace di far arrivare i dati in maniera semplificati agli utenti e alle applicazioni.

“Le tecnologie alla base di Ontap sono quelle che assicurano anche la protezione dei dati: la prima tra tutte è il concetto di snapshot, una fotografia istantanea dei dati di produzione, che agisce sui metadati; dunque, non si occupa spazio e non è modificabile. La Snapshot rappresenta il primo punto di ripristino dati, ma non è di per sé un backup.  Per esserlo, questa replica deve risiedere in uno storage diverso, possibilmente in un sito geograficamente separato, così poter sopportare la tipologia di disastro da cui si vuole ripartire” conlcude Deveronico.

Le innovazioni degli ultimi anni

Nel tempo NetApp ha reso la snapshot scrivibile, nonché consistente a livello applicativo (collaborando con i principali vendor a livello applicativo e di virtualizzazione), a tutto vantaggio dei tempi di ripristino.

La terza tecnologia che ha aperto la strada al disaster recovery è lo Snap mirror, una tecnologia asincrona che consente di portare le copie in un data center lontano dai luoghi di produzione.
“La combinazione di queste tecnologie ancora oggi rappresenta il cuore della strategia di data management di NetApp, che va sotto il nome di Data Fabrick: ovvero dare possibilità al cliente di usare e portare i propri dati dove risiedono le applicazioni, sia on premise che in cloud, hyperscaler compresi. Attraverso questa strategia si possono mettere in piedi degli scenari di disaster recovery flessibili, modificabili e future proof, cioè a prova delle evoluzioni informatiche del cliente finale. Il data Fabrick, grazie alle tecnologie di Snap Mirror e alla presenza di Ontap, offre la possibilità concreta di effettuare tanti backup, consistenti e integri con il minore RPO e RTO”, evidenzia Deveronico.

Inoltre, considerato che le ultime generazioni di ransomware puntano ad attaccare le copie di backup, NetApp ha predisposto un’ulteriore tecnologia, costituita dallo SnapLock, ovvero dalla possibilità di andare a impedire anche a un amministratore, le cui credenziali potrebbero essere state compromesse dal virus, di cancellare o modificare il contenuto del backup e delle repliche.

 

 

Disaster recovery cos’è e come si fa. La guida completa di ICOS e NetApp ultima modifica: 2021-12-10T10:42:31+01:00 da Sara Comi

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