Orchestrazione, ROI e agentic AI. Misurare il ritorno sugli investimenti è sempre stato un esercizio cruciale per i manager, ma non vi è dubbio che nell’era dell’automazione intelligente e degli agenti AI la sfida sia diventata ancora più complessa. Non basta più valutare i costi tecnici o affrontare le resistenze culturali: oggi il nodo vero è orchestrare le iniziative di innovazione nel quadro dell’intero ecosistema aziendale e comprendere quanto valore generino davvero, al di là delle promesse di efficienza, velocità e nuove capacità decisionali. Perché se l’agente AI è in grado di risolvere ticket in autonomia, monitorare infrastrutture IT o prevenire un attacco informatico, tradurre tutto questo in un indicatore finanziario condiviso dall’organizzazione non è affatto scontato. È qui che la partita del ROI si gioca, tra aspettative altissime e metriche che ancora faticano a trovare un consenso.

Dall’entusiasmo all’execution: la corsa all’agentic AI
Negli ultimi due anni l’adozione di agent AI ha vissuto un’accelerazione senza precedenti. Secondo Gartner, l’ingresso degli agenti AI nelle aziende è avvenuto in tempi rapidissimi: più di un’impresa su due li ha introdotti negli ultimi due anni, e molte hanno accelerato proprio nell’ultimo anno.
Il fenomeno non si limita a sperimentazioni isolate: il 96% delle aziende prevede di espandere l’uso degli agenti nei prossimi dodici mesi, spesso con l’obiettivo di portare i progetti su scala organizzativa.
Questa corsa all’adozione riflette due convinzioni. La prima è che gli agenti rappresentino un naturale completamento degli investimenti in GenAI già avviati. La seconda è che rinunciare a sperimentarli significhi perdere terreno competitivo. Non sorprende quindi che i casi d’uso più diffusi riguardino funzioni ad alto impatto sul business: dall’ottimizzazione delle prestazioni IT, alla sicurezza, fino al supporto allo sviluppo software. Applicazioni che generano benefici immediati in termini di efficienza e affidabilità, ma che restano difficili da tradurre in numeri chiari quando si tratta di convincere un CFO o un consiglio di amministrazione.
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Orchestrazione: il cuore invisibile dei progetti AI
Se l’attenzione negli ultimi mesi si è concentrata molto sulla costruzione di agenti capaci di agire in autonomia, il vero punto di svolta per le imprese che avviano progetti di AI nelle loro organizzazioni è lavorare sull’orchestrazione. È qui, infatti, che si gioca la differenza tra una serie di automazioni isolate e un ecosistema capace di generare valore su scala.
L’orchestrazione potrebbe essere definita come il layer, il livello che coordina le interazioni fra agenti, persone e sistemi, trasformando decisioni e azioni in un flusso coerente e governabile. Orchestrare non significa soltanto distribuire compiti, ma stabilire regole di collaborazione, flussi di dati, punti di controllo e modalità di intervento umano.
Ecco perché, orchestrare non è un’attività tecnica di secondo piano, bensì il cuore strategico dei progetti di automazione. È nell’orchestrazione che si definisce come i dati vengono raccolti, analizzati e utilizzati per migliorare i processi. Ed è qui che diventa possibile misurare l’efficienza complessiva del sistema, non limitandosi a osservare le performance di singoli agenti, ma valutando il funzionamento armonico all’interno dell’intera organizzazione.
La capacità di orchestrare agenti e processi è quel “quid” che consente di portare su scala i benefici dell’ Agentic AI. Senza orchestrazione, le iniziative restano confinate a silos sperimentali. Con l’orchestrazione, invece, l’azienda può monitorare colli di bottiglia, individuare ridondanze, attivare feedback loop e, soprattutto, legare i risultati dell’automazione agli obiettivi strategici di business.
È dunque un fattore abilitante, che trasforma l’agente da strumento meramente operativo a leva di resilienza e competitività.
ROI e automazione: un problema di misurazione
Abbiamo visto quanto sia fondamentale l’orchestrazione in un progetto AI. Resta poi l’altro punto chiave: come si misura il ritorno sull’investimento?
A differenza di tecnologie più consolidate, dove il beneficio si manifesta in modo lineare (meno errori, meno costi, più velocità), nel caso degli agenti entrano in gioco variabili più sottili. Ad esempio, un agente di monitoraggio della sicurezza può prevenire un attacco che non si sarebbe forse mai concretizzato. Come quantificare il valore di un rischio evitato?
Secondo MIT Sloan Management Review, sette manager su dieci ritengono che evolvere gli indicatori di performance con il supporto dell’intelligenza artificiale sia essenziale per la competitività futura. Ma questo significa ripensare la natura stessa dei KPI aziendali: non più semplici misure di produttività o risparmio, bensì parametri capaci di catturare il contributo strategico di automazione e AI.
Le aziende che partono da funzioni interne ben definite – come il supporto IT o la customer care – spesso riescono a ottenere i primi risultati più tangibili. Qui, l’automazione si traduce in riduzione dei tempi di risposta, maggiore soddisfazione dei clienti e processi più fluidi. Ma man mano che si passa a domini più strategici, la misurazione si complica: entrano in gioco impatti sulla reputazione, sulla capacità di innovazione o sulla resilienza aziendale, fattori che non sempre trovano una traduzione immediata in ROI.
Le barriere all’adozione dell’Agentic AI: tra costi, dati e legacy
Se da un lato la pressione competitiva spinge le imprese a sperimentare, dall’altro permangono ostacoli significativi. Tra le preoccupazioni principali emergono la protezione dei dati sensibili, i costi di implementazione e, soprattutto, l’integrazione con sistemi esistenti. Integrare agenti AI in ambienti legacy non è un esercizio plug-and-play: richiede competenze specifiche, infrastrutture scalabili e processi di governance adeguati.
A questo si aggiunge una questione di fiducia. Il 53% delle imprese intervistate da Gartner cita la privacy dei dati come principale ostacolo: gli agenti operano spesso a stretto contatto con basi dati aziendali, applicazioni core e sistemi mission-critical. Garantire che possano farlo senza compromettere sicurezza e compliance non è banale.
Per superare queste barriere, le aziende più avanzate adottano un approccio graduale: piccoli progetti pilota, monitoraggio continuo delle performance e formazione mirata dei team. È un percorso che richiede tempo e disciplina, ma che consente di costruire metriche di ROI credibili e di accumulare fiducia interna man mano che i risultati emergono.
Il ROI come bussola per l’automazione intelligente
Guardando avanti, diventa sempre più chiaro che il ROI non è solo una misura di ritorno, ma una bussola strategica. Senza strumenti adeguati per monitorare e analizzare l’impatto degli agenti AI e delle soluzioni di automazione, le imprese rischiano di perdere visibilità e di ridurre il valore di iniziative altrimenti promettenti.
È qui che soluzioni di analytics end-to-end entrano in gioco: collegare dati operativi e metriche di business permette di trasformare l’automazione in valore tangibile, di capire dove intervenire per massimizzare i benefici e di alimentare un ciclo virtuoso di miglioramento continuo. Non si tratta solo di contare ore risparmiate o costi evitati, ma di costruire una narrativa di valore che tenga insieme efficienza, resilienza e crescita.
Fusion Milano 2025: Orchestrazione, ROI e Agentic AI, dall’analisi alle esperienze sul campo
Dunque, misurare il ritorno dell’investimento in automazione e agentic AI non è soltanto una questione di numeri: significa tradurre in valore decisioni più rapide, processi orchestrati con intelligenza e capacità predittive che ridisegnano il modo stesso di fare impresa. Per affrontare questa sfida, il 7 ottobre presso l’Hotel Meliá di Milano si terrà Fusion 2025, il summit organizzato da UiPath che riunirà esperti, clienti e manager per una giornata interamente dedicata a ROI e automazione intelligente.
Nel corso dell’evento, un ruolo centrale sarà riservato proprio all’orchestrazione, con la presentazione di casi e strumenti che consentono di passare dalla teoria all’esecuzione. Tra questi, UiPath Maestro, la nuova soluzione che ribalta l’approccio tradizionale al process mining: invece di limitarsi ad analizzare ciò che è già accaduto, permette di disegnare e governare a monte la collaborazione fra agenti, persone e sistemi, raccogliendo dati in tempo reale e rendendo visibile l’efficienza complessiva del processo.
La giornata sarà aperta dal benvenuto di Davide Marchetti, Regional Vice President Italy di UiPath, seguito da un intervento dedicato a prospettive e rischi dell’Agentic AI in Italia, con il contributo del giornalista Marco Lorusso.
Spazio poi alle esperienze dirette dei clienti, con la Fireside Chat moderata da Annette Maier (Area Vice President Continental Europe, UiPath) e Alexandru Mihailciuc (Global Head of Pre-Sales, UiPath), seguita da momenti di networking nell’area sponsor.
Tra i focus tematici della giornata:
• UiPath Agentic Automation Platform: come inaugurare una nuova era di efficienza, con Andrea Corain, Principal Solution Engineer ed Andrei Oros Director of Product Management
• Verso un’impresa orchestrata, con la testimonianza di clienti e la presentazione di Alessandro Rapisarda, Principal Solution Engineer.
• Agentic Testing: aumentare la produttività dei team di sviluppo con l’aiuto degli AI Agents, grazie agli interventi di Alessandro Rapisarda e Ingo Philipp, Senior Director Product Management di UiPath.
Le sessioni saranno intervallate da momenti di networking e confronto diretto con esperti e sponsor, per arrivare alle conclusioni di Davide Marchetti, prima del cocktail di chiusura previsto alle 17:00.
Perché partecipare
Fusion Milano non è solo un evento di aggiornamento, ma un’occasione concreta per:
• comprendere come misurare e massimizzare il ROI dei progetti di automazione e AI;
• scoprire casi reali di aziende che hanno già integrato l’Agentic Automation nei loro processi;
• dialogare con esperti e leader di settore per anticipare rischi e cogliere nuove opportunità.
