Quando si parla di trasformazione delle reti aziendali, il discorso tende a concentrarsi sui data center e sulle grandi piattaforme cloud. Ma oggi la vera rivoluzione avviene altrove: negli impianti industriali, nelle reti di distribuzione, nei porti, nelle utility, negli spazi dove l’AI genera dati, controlla macchine, abilita flussi continui di automazione. È lì che l’infrastruttura si sta riscrivendo, e Cisco — che storicamente presidia questi ecosistemi — sta affrontando una delle sue evoluzioni più radicali.
A raccontarlo è Vikas Butaney, Senior Vice President e General Manager Cisco Secure Routing & Industrial IoT, figura chiave a livello globale e da oltre 25 anni in azienda.
“Il nostro ruolo è collegare in modo sicuro il mondo fisico e quello digitale, ovunque il lavoro venga svolto – spiega. – Non solo negli uffici o nei data center, ma nei luoghi in cui si produce, si muove, si trasporta, si genera valore”.
Cisco, l’AI come forza trasversale: non un’aggiunta, ma un nuovo paradigma
Butaney è chiaro sul punto: l’intelligenza artificiale non è un miglioramento incrementale, ma un driver che ridisegna l’intera architettura.
“Ogni cliente oggi si chiede cosa significhi l’AI per il proprio business – dice. – E la risposta non è nei modelli, ma nelle infrastrutture che permettono a quei modelli di funzionare. Senza rete sicura, senza gestione coerente, senza visibilità completa, l’AI non regge”.
Cisco ha articolato la propria strategia lungo tre direttrici:
- Agentic Ops – usare AI e automazione per semplificare la gestione delle reti, riducendo complessità e interventi manuali.
- Reti AI-ready – capaci di sostenere volumi enormi di traffico generati da machine vision, robotica, sistemi di controllo avanzati.
- Sicurezza-by-design – perché ogni nuovo sensore, PLC, telecamera o robot diventa un punto d’ingresso potenziale.
“Abbiamo sempre connesso macchine e robot – osserva Butaney -. La vera novità è capire come comunicano, cosa fanno, quali vulnerabilità espongono, e intervenire in tempo reale”.
Il cuore tecnologico della trasformazione: smart switch e secure router
Proprio in questi mesi, Cisco ha lanciato uno dei più grandi aggiornamenti infrastrutturali della propria storia, intervenendo contemporaneamente su switch e router per riscrivere l’intero modello di edge networking. Al centro di questa trasformazione ci sono i nuovi Smart Switches, progettati attorno al chip Cisco Silicon One e pensati per superare definitivamente la logica degli switch tradizionali.
“Non parliamo più di switch tradizionali – spiega Butaney -. Parliamo di dispositivi con capacità di calcolo avanzate, in grado di gestire servizi di sicurezza e analisi direttamente nel dataplane”.
È questa integrazione nativa di funzioni AI e componenti di sicurezza a rendere gli switch elementi attivi dell’infrastruttura, non più semplici nodi di passaggio.
Accanto agli switch, Cisco ha completamente riprogettato la propria linea di Secure Routers, presentando tredici nuovi modelli che ridefiniscono cosa significhi oggi presidiare l’edge. La novità più rilevante è l’integrazione della crittografia post-quantum direttamente nel silicio, un elemento che permette di proteggere il traffico anche in uno scenario futuro in cui i computer quantistici potrebbero rendere vulnerabili gli algoritmi attuali. A questa base hardware si aggiungono un firewall e un IPS integrati, insieme a un’architettura costruita per supportare in modo nativo sia l’SD-WAN sia i modelli SASE.
Il risultato è una generazione di router pensata per semplificare, accorpare funzioni e moltiplicare la potenza di elaborazione: rispetto ai modelli precedenti, le prestazioni raggiungono infatti un incremento fino a cinque volte superiore, aprendo la strada a un edge più sicuro, più veloce e molto più adatto alle esigenze dell’AI.
“Il settore finanziario, i governi, le infrastrutture critiche devono prepararsi al mondo post-quantum – afferma Butaney -. Se qualcuno intercetta oggi il tuo traffico, può decodificarlo domani. Per questo abbiamo integrato la protezione post-quantum nel secure boot e nella cifratura dei dati in transito”.
OT, fabbriche e produzione: dalla connettività alla comprensione del rischio
Il vero cambio di passo, però, emerge nel mondo industriale. Oggi il problema non è più semplicemente “connettere” una macchina, ma capire in profondità come questa si comporta, con quali altri dispositivi comunica, quali dipendenze tecniche la legano al resto dell’impianto e quali vulnerabilità possono trasformarsi in un rischio operativo. Per affrontare questa complessità Cisco ha sviluppato Cyber Vision, una tecnologia che funziona come un microservizio eseguito direttamente all’interno degli switch industriali, senza richiedere apparati aggiuntivi.
Cyber Vision è in grado di riconoscere in modo nativo PLC, robot e macchinari di diversi fornitori — dai controllori Siemens ai robot Fanuc, fino ai dispositivi Allen-Bradley — identificando per ciascuno la versione del firmware e le eventuali vulnerabilità note. A partire da queste informazioni, la piattaforma ricostruisce i flussi di comunicazione che attraversano la fabbrica, mostra quali asset interagiscono fra loro e individua pattern di traffico anomali. Questo lavoro permette anche di segmentare automaticamente le linee produttive, separando ad esempio una linea di packaging da una di grinding quando non hanno motivo di scambiarsi dati, così da evitare che un problema locale possa propagarsi all’intero stabilimento. Tutte queste informazioni vengono infine trasmesse a Splunk, che le correla con dati provenienti da altre fonti e offre una visione unificata agli operatori di sicurezza e ai responsabili OT.
“Nella fabbrico di un nostro importante cliente, – racconta Butaney per meglio chiarire l’importanza di questo nuovo approccio – abbiamo rilevato 40.000 dispositivi OT. Nessuno sapeva esattamente chi parlasse con chi. Con l’AI abbiamo ricostruito i flussi, raggruppato gli asset, capito cosa andava isolato. È così che si evita che un singolo guasto o un attacco mandino in down l’intera produzione”.
La logica è semplice: evitare che un’anomalia su una macchina si propaghi a cascata.
“Un PLC della linea di packaging non deve parlare con quello della linea di macinazione. La segmentazione è la base della resilienza” dice.
I casi italiani: porti automatizzati e vertical farming
L’Italia rappresenta per Cisco un vero e proprio laboratorio avanzato, complice sia la presenza dei team “ereditati” con l’acquisizione di Fluidmesh — oggi pienamente integrati nelle attività globali dell’azienda — sia un ecosistema industriale particolarmente sensibile ai temi dell’automazione e della modernizzazione delle infrastrutture. Qui, tecnologie nate per garantire connettività ultra-affidabile in contesti complessi stanno trovando applicazioni concrete e spesso pionieristiche.
Uno degli esempi più emblematici è il La Spezia Container Terminal, dove la tecnologia wireless a elevata affidabilità sviluppata da Fluidmesh costituisce oggi la dorsale che sostiene l’intero ciclo operativo del porto. Su quella rete viaggiano i comandi delle gru per la movimentazione dei container, le comunicazioni con i mezzi AGV che attraversano costantemente il terminal, e i flussi provenienti dai tablet e dai terminali di campo utilizzati dagli operatori. L’infrastruttura supporta inoltre l’automazione dei processi e la telemetria continua di tutti i sistemi critici, dal piazzale alle aree di carico.
“Hanno un team IT molto ridotto che deve gestire un ambiente altamente automatizzato – osserva Butaney -. Serve semplicità, serve automazione, servono partner locali forti”.
Un’altra applicazione particolarmente interessante arriva dal mondo dell’agritech con Planet Farms, la vertical farm italiana che ha costruito un modello di produzione completamente automatizzato grazie all’integrazione fra AI, robotica, sensoristica avanzata e rete industriale Cisco.
In questo caso, la connettività diventa l’infrastruttura viva che permette alle colture di crescere in modo controllato: i sensori monitorano umidità e condizioni ambientali, i robot si muovono all’interno degli ambienti di coltivazione senza intervento umano, mentre i sistemi di visione artificiale analizzano le piante in tempo reale.
“È un esempio perfetto di come l’Industrial IoT abilita nuovi modelli produttivi – spiega Butaney- . Serve una rete affidabile in ambienti umidi, con robot, sensori e machine vision che lavorano senza interruzioni”.
I cinque casi d’uso che stanno guidando la trasformazione della manifattura
Secondo Cisco, l’adozione dell’intelligenza artificiale in fabbrica non è più un esperimento o una promessa futura: è già realtà, e si manifesta attraverso un insieme di applicazioni molto concrete. Una delle più rilevanti riguarda la machine vision, che oggi raggiunge livelli di analisi e velocità impensabili solo pochi anni fa. In alcuni settori produttivi, le telecamere industriali arrivano a esaminare fino a quattromila pezzi al minuto, identificando difetti, irregolarità o imperfezioni che l’occhio umano non potrebbe rilevare. Questa capacità di osservazione in tempo reale porta con sé un’esigenza infrastrutturale enorme: servono reti capaci di alimentare le telecamere via PoE, di gestire una banda elevatissima e di garantire latenza minima per permettere alle macchine di intervenire o fermarsi al momento giusto.
Accanto alla visione artificiale si diffonde sempre di più l’uso di veicoli autonomi, come AGV e AMR, che muovono materiali e prodotti lungo lo stabilimento. Questi dispositivi non possono contare su connessioni cablate e dipendono completamente da un wireless industriale altamente affidabile e deterministico, in grado di garantire continuità anche in ambienti metallici, rumorosi e complessi come quelli della manifattura pesante.
Un’altra trasformazione significativa riguarda la virtualizzazione dei PLC, che segna un cambio di paradigma rispetto ai tradizionali controllori fisici installati direttamente sulle linee di produzione. Portare i PLC in un ambiente virtualizzato, all’interno del data center o della control room dello stabilimento, significa ridurre drasticamente il numero di dispositivi esposti al rischio di malware, semplificare la gestione degli aggiornamenti e guadagnare in flessibilità. Cambiare un programma di automazione non comporta più la necessità di recarsi fisicamente sulla linea: basta intervenire sul nodo virtuale, con un impatto immediato su agilità e sicurezza.
La presenza crescente di robot e cobot aggiunge un ulteriore livello di complessità. Queste macchine, progettate per lavorare insieme agli operatori umani o in totale autonomia, richiedono una rete che sia allo stesso tempo potente, affidabile e capace di sostenere carichi di calcolo sempre più elevati. La loro efficienza dipende infatti dalla capacità di elaborare rapidamente immagini, segnali, coordinate e comandi, e ciò rende indispensabile una rete industriale progettata per l’AI.
Infine, una delle applicazioni più emblematiche dell’intelligenza artificiale in fabbrica riguarda la quality assurance. Cisco ha mostrato recentemente in occasione di Cisco Live una linea dimostrativa per la produzione di chitarre in cui machine vision, robotica, Splunk e Cyber Vision cooperano per rilevare automaticamente graffi, imperfezioni o anomalie nella finitura, e per deviare il pezzo non conforme verso una linea di correzione. È un esempio semplice, ma rende l’idea di come la combinazione tra sensori, AI e analisi dei dati possa migliorare la qualità del prodotto, ridurre gli scarti e intervenire prima che un difetto si trasformi in un problema lungo il processo.
In tutti questi casi, la tecnologia non sostituisce il lavoro umano: lo rende più sostenibile, più sicuro e più controllabile, soprattutto in un contesto in cui molte fabbriche registrano tassi di turnover elevati e crescente difficoltà nel reperire competenze tecniche. L’AI diventa così un alleato per mantenere il ritmo produttivo e preservare la continuità operativa.
“La carenza di forza lavoro è reale – spiega Butaney -. In alcuni stabilimenti si arriva al 30% di turnover. L’AI non sostituisce la forza lavoro: la rende sostenibile”.
Cisco, come parlare di AI a chi lavora in fabbrica
Uno dei punti più delicati riguarda il modo in cui l’AI viene compresa da chi lavora quotidianamente in fabbrica. Butaney osserva che la tecnologia deve parlare la lingua dell’operatività, non quella dell’astrazione.
“Un direttore di stabilimento viene valutato su quante unità produce e sul tempo di fermo – spiega -. Se gli parli di AI in astratto, non ti ascolta. Se gli dimostri che la sicurezza è la prima causa potenziale di downtime, allora capisce perché è importante”.
Da qui l’insistenza di Cisco nel formare i propri team e i partner a parlare la lingua del business e non quella della tecnologia.
Splunk e Cisco: la convergenza procede
Sul fronte Splunk, Butaney adotta un approccio molto concreto e sottolinea che l’integrazione procede con attenzione, perché deve rispettare modalità di lavoro e processi già radicati nelle organizzazioni. La linea guida è chiara: far evolvere gradualmente l’esperienza d’uso senza imporre cambiamenti bruschi alle aziende.
“Quando integri una tecnologia devi essere attento a non forzare un cambiamento nei processi dei clienti – osserva -. È un percorso, ma la direzione è chiara: costruire un data fabric che unisca dati macchina, dati di rete, telemetrie OT, log strutturati e non strutturati, permettendo di analizzare tutto in modo coerente”.
Splunk diventa così il punto di raccolta e correlazione di ciò che accade sia nell’IT sia nell’OT, grazie anche alla quantità di telemetrie che oggi la rete Cisco è in grado di generare nativamente.
Dal punto di vista del canale, Giorgio Campatelli, che in Cisco Italia guida le attività con i partner, conferma che questa convergenza è già in atto anche sul piano operativo e commerciale.
“Il Cisco Partner Program 360 sta già includendo Splunk – spiega -. E Splunk riceve nativamente i dati dalla rete Cisco. Per i partner significa poter costruire servizi gestiti più completi, che uniscono networking, sicurezza e osservabilità in un’unica piattaforma”.
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Dal multivendor alla piattaforma: la nuova frontiera dei servizi gestiti
Giorgio Campatelli aggiunge un elemento determinante per il mercato italiano: il consolidamento delle piattaforme per semplificare la vita dei partner.
“Molti clienti lavorano con quattro o cinque vendor diversi per firewall, routing, SD-WAN, IPS. L’integrazione che proponiamo consente di ridurre complessità, avere un’unica visione, costruire servizi gestiti sostenibili”.
Una direzione allineata alla domanda del mercato, soprattutto tra aziende con molte sedi e competenze interne limitate.








