Meta bloccata dall’Antitrust: stop alle clausole che escludono i chatbot rivali da WhatsApp

L’Autorità garante della concorrenza ha imposto a Meta la sospensione immediata delle condizioni contrattuali che impedirebbero ai chatbot AI concorrenti di operare su WhatsApp. Un intervento d’urgenza per tutelare il mercato mentre prosegue l’indagine per abuso di posizione dominante

È arrivata alla vigilia di Natale una decisione che Meta probabilmente non si aspettava. Meta bloccata dall’antitrust. L’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm) ha adottato infatti una misura cautelare d’urgenza contro il colosso americano, ordinando la sospensione immediata di alcune clausole contrattuali che avrebbero determinato una sostanziale preclusione dell’accesso a WhatsApp a tutti i chatbot basati sull’intelligenza artificiale concorrenti di Meta AI.

Nel provvedimento emesso il 22 dicembre scorso, l’Autorità è stata chiara: la condotta di Meta appare costituire un abuso di posizione dominante “suscettibile di pregiudicare il processo competitivo sul nascente mercato delle AI Chatbot, limitando la produzione, precludendo gli sbocchi e ostacolando l’innovazione e lo sviluppo tecnologico, a danno dei consumatori”.

La decisione, comunicata successivamente il 24 dicembre, rappresenta un momento significativo nella battaglia regolatoria europea contro lo strapotere delle Big Tech, e arriva mentre è ancora in corso un’indagine più ampia sul comportamento di Meta nel mercato dell’intelligenza artificiale conversazionale. Il provvedimento, che presenta un’analisi dettagliata del caso, evidenzia come Meta detenga “una posizione dominante nel mercato dei servizi di comunicazione per i consumatori via app” con una quota superiore al 60% in Europa.

Meta bloccata dall’Antitrust. Come è iniziata la vicenda

La storia parte dalla primavera del 2025, quando Meta ha integrato il suo assistente di intelligenza artificiale, Meta AI, direttamente nell’app di WhatsApp. Non si trattava di una funzione opzionale o nascosta in qualche menù: Meta AI è comparso in posizione preminente, visibile fin dalla schermata principale dell’applicazione di messaggistica più utilizzata in Italia, e non disattivabile dagli utenti.

Questa scelta ha immediatamente sollevato interrogativi. WhatsApp conta un bacino di utenti enorme e consolidato: integrare al suo interno un assistente AI “di serie” significa trasformare automaticamente milioni di persone in potenziali utilizzatori di Meta AI, con un vantaggio competitivo difficilmente replicabile dai concorrenti.

Nel mese di luglio di quest’anno, l’Antitrust italiano ha aperto un’istruttoria formale per presunto abuso di posizione dominante, in violazione dell’articolo 102 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea. L’accusa: Meta avrebbe sfruttato il suo dominio nel mercato della messaggistica per favorire indebitamente il proprio servizio di chatbot AI, penalizzando i concorrenti.

Meta bloccata dall’Antitrust. Le nuove clausole che hanno fatto scattare l’allarme

Ma è a novembre che la situazione è precipitata. L’Agcm ha ampliato l’indagine dopo aver esaminato le nuove condizioni contrattuali introdotte da Meta nei “WhatsApp Business Solution Terms”, entrate in vigore il 15 ottobre 2025 e destinate a dispiegare i loro effetti pieni entro il 15 gennaio 2026.

Il contenuto di queste clausole ha fatto scattare immediatamente l’allarme. Il testo è inequivocabile: “Providers and developers of artificial intelligence or machine learning technologies (…) are strictly prohibited from accessing or using the WhatsApp Business Solution (…) for the purposes of providing (…) such technologies when such technologies are the primary functionality being made available”.

In pratica, come spiega l’Autorità, “queste condizioni contrattuali escludono del tutto dalla piattaforma WhatsApp le imprese concorrenti di Meta AI nel mercato dei servizi di Chatbot AI”. I concorrenti non potrebbero più utilizzare WhatsApp come canale per raggiungere gli utenti, nemmeno quando erano già presenti e attivi sulla piattaforma.

Un blocco totale, che secondo l’Antitrust rischia di soffocare sul nascere la concorrenza in un mercato in rapida evoluzione come quello dell’intelligenza artificiale conversazionale. Come si legge nel provvedimento, la modifica “determina l’esclusione dalla piattaforma: con effetto immediato, per le imprese non ancora presenti su WhatsApp alla data del 15 ottobre 2025 e, per quelle già presenti, a partire dal 15 gennaio 2026”.

Ma c’è un dettaglio che l’Autorità sottolinea con particolare enfasi: le nuove regole riguardano esclusivamente i servizi di AI Chatbot generalisti, come ChatGPT, Luzia o Poke, restando escluse le AI utilizzate per il servizio clienti. Come si legge nel documento, “WhatsApp continuerà ad essere utilizzato dalla AI Chatbot generalista Meta AI e da tutti gli altri utenti di WhatsApp, ivi inclusi quelli che si avvalgano dalle AI Chatbot per dialogare con i propri clienti”.

La decisione dell’Autorità

Di fronte a questo scenario, l’Agcm ha ritenuto necessario un intervento immediato. Dopo aver raccolto le memorie scritte e ascoltato le parti in audizione, l’Autorità ha concluso che esistono tutti i presupposti per adottare una misura cautelare d’urgenza.

Secondo i giudici dell’Antitrust, la condotta di Meta presenta carattere abusivo ed è “suscettibile di limitare la produzione, gli sbocchi o lo sviluppo tecnico nel mercato dei servizi di Chatbot AI, a danno dei consumatori”. Ma soprattutto, il comportamento dell’azienda rischia di causare “un danno grave e irreparabile” alle dinamiche competitive del mercato.

I numeri rendono chiaro il potere di Meta: WhatsApp conta oltre 1,6 miliardi di utenti nel mondo, più di 250 milioni nell’Unione europea (oltre il 60% della popolazione) e circa 40 milioni in Italia (più dell’80% della popolazione italiana). Come sottolinea il provvedimento, “WhatsApp è stata una piattaforma, fino alle nuove condizioni oggetto del presente procedimento, aperta a tutti gli utenti business, ivi inclusi i fornitori di AI Chatbot”.

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Le voci dei concorrenti colpiti

Nel corso dell’istruttoria hanno fatto sentire la propria voce diverse società colpite dalle nuove regole. Le loro testimonianze, riportate nel provvedimento, dipingono un quadro preoccupante.

OpenAI, la società dietro ChatGPT, ha sottolineato che “WhatsApp è un canale fondamentale per raggiungere gli utenti dei servizi AI” e che dal lancio del servizio su WhatsApp “l’Italia ha registrato il più alto numero medio di utenti per questo prodotto a livello globale”. La società ha anche rivelato che “quasi tutti questi utenti usano ChatGPT solo su WhatsApp”, evidenziando come la piattaforma raggiunga un pubblico altrimenti inaccessibile.

Elcano, la startup spagnola che ha sviluppato Luzia, ha raccontato di aver fondato l’intera strategia di lancio su WhatsApp. L’azienda ha lanciato il proprio chatbot il 30 aprile 2023 proprio su WhatsApp e Telegram, aggiungendo solo successivamente app dedicate. Secondo le loro stime, a seguito delle nuove condizioni di Meta, solo una percentuale tra lo 0% e il 50% degli utenti di Luzia su WhatsApp riuscirebbe a migrare su altri canali.

Interaction, una startup californiana che ha sviluppato Poke, ha spiegato che il proprio assistente AI è stato “nativamente progettato per operare all’interno di conversazioni sociali” e che quindi “presuppone necessariamente l’accesso alle piattaforme di messaggistica”. Per questa azienda, l’esclusione da WhatsApp significa essenzialmente l’impossibilità di esistere nel mercato europeo.

Le spiegazioni di Meta (e perché non hanno convinto)

Meta ha cercato di difendersi sostenendo che l’infrastruttura di WhatsApp non sarebbe in grado di gestire il volume di interazioni generate dai chatbot AI generalisti e che questi servizi comprometterebbero il modello di business della piattaforma.

L’Autorità ha respinto queste argomentazioni con dati alla mano. Come si legge nel provvedimento, “il volume di messaggi di servizio che le AI Chatbot concorrenti inviano in un giorno (stimabile in pochi milioni) rappresenta meno dell’1% del volume di messaggi che in un giorno vengono scambiati su WhatsApp (150 miliardi)”.

Inoltre, l’Antitrust ha sottolineato un’incongruenza fondamentale: “l’infrastruttura di WhatsApp continua a gestire le interazioni di Meta AI, di tutte le AI Chatbot business specific e anche tutte le altre interazioni delle imprese che utilizzano WhatsApp per gestire le relazioni commerciali”. In pratica, il problema tecnico sembra esistere solo per i concorrenti di Meta AI.

L’Autorità ha anche evidenziato come alcuni operatori si fossero offerti di condividere i costi di gestione dell’infrastruttura, ma “senza ricevere alcun riscontro” da Meta.

La misura cautelare, adottata il 22 dicembre, impone quindi a Meta Platforms Inc., Meta Platforms Ireland Limited, WhatsApp Ireland Limited e Facebook Italy S.r.l. di sospendere immediatamente l’applicazione delle condizioni contrattuali contestate, preservando così l’accesso a WhatsApp per i chatbot AI concorrenti di Meta AI.

Meta non ha accolto bene la decisione. Un portavoce dell’azienda ha definito il provvedimento “fondamentalmente sbagliato”, sostenendo che l’emergere dei chatbot AI ha messo sotto pressione sistemi che non erano stati progettati per supportarli. L’azienda ha annunciato che farà ricorso contro la decisione italiana.

La vicenda italiana non è isolata. A dicembre, anche la Commissione europea ha avviato un’indagine parallela su Meta per le stesse accuse, estendendo il controllo all’intero Spazio economico europeo. L’Autorità italiana ha confermato di essere in stretto coordinamento con Bruxelles “per assicurare che la condotta di Meta venga affrontata nella maniera più efficace”.

Questo caso si inserisce in un più ampio scontro tra i regolatori europei e le Big Tech americane. Mentre l’Unione europea continua a rafforzare la sua posizione regolatoria – un atteggiamento che contrasta nettamente con la maggiore tolleranza delle autorità statunitensi – le aziende tecnologiche americane e l’amministrazione Trump hanno criticato quello che considerano un approccio eccessivamente rigido.

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Meta bloccata dall’Antitrust. Cosa succede adesso

È importante sottolineare che la misura cautelare non rappresenta una sentenza definitiva. Si tratta di un intervento d’urgenza per “congelare” la situazione attuale mentre l’istruttoria prosegue il suo corso. Solo al termine dell’indagine si capirà se l’integrazione di Meta AI in WhatsApp e le regole imposte da Meta configurino effettivamente un abuso di posizione dominante, e quali conseguenze potrebbero derivarne.

Nel frattempo, però, i chatbot concorrenti potranno continuare a operare su WhatsApp, e il mercato dell’intelligenza artificiale conversazionale manterrà, almeno temporaneamente, un livello di apertura che Meta sembrava intenzionata a chiudere. Meta avrà quindici giorni dalla notifica del provvedimento per inviare “una relazione dettagliata sull’attività svolta per ottemperare” alla decisione.

L’Autorità si è riservata poteri significativi per far rispettare la misura: come previsto dall’articolo 15 della legge n. 287/1990, può “irrogare alle imprese (…) penalità di mora il cui importo può giungere fino al 5 per cento del fatturato medio giornaliero realizzato a livello mondiale” per ogni giorno di ritardo nell’attuazione della decisione.

Come si legge nelle conclusioni del provvedimento, la condotta di Meta “appare idonea a determinare effetti di lock-in pregiudizievoli delle dinamiche competitive” e rischia di compromettere “la contendibilità del mercato dei servizi di AI Chatbot, in questa fase iniziale di sviluppo del mercato e di sua crescita esponenziale”.

Meta bloccata dall’Antitrust: stop alle clausole che escludono i chatbot rivali da WhatsApp ultima modifica: 2025-12-29T15:20:10+01:00 da Miti Della Mura

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