È il momento di capire cosa è il DRaaS, Disaster Recovery as-a-Service? Beh, lo sarebbe da qualche anno. Ma i fatti del 2020, l’incremento degli attacchi ransomware insieme alla costante spada di Damocle di un evento accidentale, hanno ulteriormente sensibilizzato il mercato.

I numeri dicono da 5 a 14 miliardi di dollari di valore complessivo in 5 anni (2020-2025) con un CAGR (incremento medio annuo) del 23,3%. Questi i primi dati che si trovano in rete e pubblicati da MarketsAndMarkets. Si può discutere sul valore in dollari, ma è indubbio che il DRaaS è ormai la tecnologia cloud più richiesta dopo IaaS, SaaS e PaaS.

Per Disaster Recovery, lo ricordiamo, non si intende una tecnologia da comprare e configurare in una giornata. Più precisamente, dunque, si tratta di capire cosa è un piano di DRaaS. Un piano molto articolato che coinvolge persone, processi strutture e, ovviamente, tecnologie. Nel caso di una interruzione imprevista dei servizi It, qualunque sia la sua natura, l’azienda previdente attiva il piano di Disaster Recovery con l’obiettivo di ripristinare i sistemi e l’operatività nel più breve tempo possibile.

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Cosa significa realizzare un piano di DRaaS

Può capitare un blocco dei sistemi a cui fa seguito una richiesta di riscatto per lo sblocco, un incendio, un black out, un evento naturale, indipendentemente dall’evento scatenante, in ogni caso l’obiettivo è solo uno: far ripartire l’azienda nel più breve tempo possibile.

Nella realizzazione del piano si coinvolge un team di persone interne all’azienda che, al pari dei responsabili della sicurezza, hanno l’incarico di eseguire dei protocolli ben precisi. Si definiscono, poi, dei processi di intervento e l’architettura di recovery. Per un recovery dell’infrastruttura It è necessario realizzare una struttura hardware parallela lontana dal sito primario che ospiti copie di backup incrementale.

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In pratica, non può esistere DRaaS se non esiste un backup su uno storage secondario. Ma non solo: il piano di DRaaS dovrà anche prevedere l’installazione delle immagini dei dispositivi a uso dei dipendenti, comprensive di dati e software. E poi c’è il ripristino dei servizi, per esempio il sito di ecommerce. E, ancora, potrebbe essere necessario riattivare l’energia elettrica o le macchine di produzione. Insomma, le eventualità eccezionali che bloccano l’attività di una azienda sono numerose e il piano di Disaster Recovery deve prevedere una reazione immediata e strutturata a tutto.

Un servizio completo di ripristino

Dal Disaster Recovery “vecchia maniera” in pochi anni si è passati alla modalità as-a-service. Ciò significa, in soldoni, pagare una cifra fissa e predefinita per un servizio di attuazione del piano delegato a un partner It.

Un piano di Disaster Recovery, insomma, non si compra una tantum al supermercato. Ma, piuttosto, è un progetto lungo e articolato che è certamente meglio delegare a un partner It. Che sia un system integrator o un cloud service provider, un fornitore di data center o anche un hyperscaler, poco importa. Ciò che conta è che il partner designato sia referenziato, competente e strutturato.

Perché scegliere una modalità as-a-service per un piano di disaster recovery?

Perché il partner It, se strutturato e competente, lo fa certamente meglio di un team aziendale. Perché realizzare un progetto di questo tipo metterebbe a dura prova le risorse interne. E, infine, perché, l’attivazione del piano deve essere garantita 24×7 e più l’alert è tempestivo e meno tempo ci vorrà per la ripartenza.

Il partner It metterà a disposizione un data center per ospitare i backup di dati e applicazioni, saprà come realizzare un piano che soddisfi la compliance e, soprattutto, ha le competenze e gli strumenti giusti per monitorare le architetture del cliente e accorgersi in tempo del pericolo.

Cosa è il DRaaS? Non chiedertelo quando ormai è troppo tardi ultima modifica: 2021-07-08T10:23:18+02:00 da Valerio Mariani

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