Spesso sul posto di lavoro sentiamo chiedere “Può essere utile affidarsi a un software open source?”. Open source è un termine parecchio inflazionato, del quale non sempre si coglie il vero significato.
Innanzitutto bisogna tener presente che siamo davanti a un software e di conseguenza a un codice che ne detta il funzionamento, ma non si tratta di un programma come tuti gli altri. La particolarità storica dell’opensource sta nella licenza, uno strumento fondamentale in informatica che in questo caso permette a chiunque di apportare modifiche al codice per migliorarlo, aggiungendo nuove funzionalità.
L’opensource è in continua evoluzione e oggi diventa di gran lunga impattante in ambito aziendale, scopriamo come mai.

[Con Kiratech e con Giulio Cavassi, in un ciclo di mini guide video, racconteremo il percorso che oggi porta dritto verso la cloud native enterprise, la forma di vita aziendale più contemporanea e utile in questa fase di nuova e incerta normalità tutta digitale. Qui sotto l’intervista di apertura.]

Open source, cos’è

L’open source software (OSS), come si diceva poco fa, nasce in quanto codice accessibile e modificabile pubblicamente, attraverso una fitta sinergia tra programmatori, detta peer review, espressione che indica le revisioni  alle opere d’ingegno. Oggi si aprono nuovi orizzonti per l’opensource perché, oltre a essere un’opzione molto economica per le aziende, rappresenta un vero e proprio schema di lavoro. Vediamo perché.

Chi si occupa di open source è in continua ricerca di soluzioni efficaci per il comparto IT che guardino oltre i software proprietari, un approccio che permette di generare sempre più programmi partendo dalla disponibilità del codice sorgente. Il concetto di open deriva dalla cultura hacker nata negli anni ’70 quando si iniziarono a rivendicare i diritti degli utenti finali ì. Eppure quel concetto di libertà sembra talvolta sinonimo di gratis, una visione errata perché il software open source può comunque essere venduto.

Andando qualche decennio più indietro, troviamo le origini dell’open source nell’Advanced Research Projects Agency Network, noto come Arpanet, ovvero una sorta di “antenato” di Internet.  Un centro di ricerca aperto in cui prendeva quota la consapevolezza che solo con un flusso continuo di scambi e comunicazioni si potevano raggiungere i traguardi migliori. E questo ci fa pensare sicuramente al detto “Da soli si va più veloci, ma insieme si va più lontano”. In un modo cibernetico la rapidità di esecuzione non ha alcun valore senza la collaborazione reciproca. 

A cosa serve la piattaforma “open”

I motivi per cui, nelle tue necessità aziendali, potresti ritenere opportuno di affidarti all’open source sono molteplici. Innanzitutto avresti la garanzia di una continua revisione da parte della community di riferimento, composta da professionisti del settore: questo fa sì che il prodotto non è mai uguale a se stesso, ma tende ad evolversi.

Il secondo vantaggio è la trasparenza perché l’open source ti permette di sapere tutto quello che succede a livello di dati e programmazione, senza dover chiedere informazioni ad esperti esterni, cosa che è ovviamente necessaria se abbiamo un software proprietario. In quel caso solo l’azienda che lo ha sviluppato ne conosce i dettagli e può rilasciarne gli aggiornamenti.

Altro fattore, ritenuto da molti fondamentale, è il fatto che un codice open source si può modificare a seconda delle proprie esigenze imprenditoriali ottenendo soluzioni uniche che facciano al caso nostro. Ovviamente bisogna considerare, come si accennava in precedenza, il risparmio di risorse e la diminuzione delle spese, dato che i soli servizi a pagamento riguardano eventualmente il supporto e il potenziamento della cybersecurity, un aspetto da non sottovalutare mai per evitare disastri, come quello recente di Strasburgo.

A chiudere il cerchio c’è proprio un maggior controllo della sicurezza che scatta nel momento in cui si opta per l’open source, un plus dovuto alla continua attività da parte di persone specializzate che si accorgono subito se dietro gli algoritmi si celano pericoli come i malware.

Perché se ne parla nelle aziende

Tutti i grandi colossi sono partiti da soluzioni open source che hanno permesso di velocizzare i piani di sviluppo iniziando con disponibilità molto ridotte. Un software così costituito deve rispondere nel tempo all’esigenza per cui è stato progettato e bisogna essere sempre pronti ad aggiornarlo.  Per chi intende servirsene, è utile sapere che ci sono molti tipi di licenze open source e ciascuna di esse, per risultare valida, ha bisogno dell’approvazione ufficiale da parte dell’OSI, l’Open Source Initiative, nata alla fine degli anni ’90 come insieme di norme che fanno luce sull’argomento, stabilendo criteri e direttive.

Il modello open source si è affermato nel mondo IT, con una vasta gamma di progetti, dei quali ovviamente vanno monitorate e sistemati le parti vulnerabili, dando di conseguenza istruzioni all’intera community e ricevendo da quest’ultima nuovi feedback e idee innovative. Ecco perché l’open source si configura come un modo diverso di lavorare che, combinato con l’utilizzo di cloud e della cooperazione a distanza, offre uno scenario a dir poco futuristico per chi lavora negli uffici e nei dipartimenti di ricerca e sviluppo.

Open source cos’è, a cosa serve e perché oggi se ne parla sempre di più in ambito aziendale ultima modifica: 2021-10-28T16:59:14+02:00 da Emanuele La Veglia

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