In un presente in cui ognuno va di fretta, urge assolutamente un momento di stasi, in cui riflettere sulle decisioni intraprese, meglio in gruppo se si vogliono raggiungere grandi risultati. Ecco le fondamenta da cui si origina #smartspace, una rubrica in cui addetti all’informazione e alla comunicazione si incontrano con manager e imprenditori. Di recente abbiamo assistito alla puntata numero 1, dedicata al Workspace as a Service.

Protagoniste del percorso sono due realtà innovative, NPO Sistemi e VMware. La prima è parte del Gruppo Ricoh, la seconda è il simbolo della rivoluzione virtuale, cloud…
Oggi i riflettori sono puntati sul Digital Workspace Mobile, ovvero su come il successore dei vecchi cellulari può diventare una base per compiere le mansioni per cui siamo stati assunti.

Scopriamo allora come si può avere letteralmente “l’ufficio in tasca”, andando immediatamente nel pratico, attraverso esperienze di successo in tal senso.
Siamo nel pieno dell’estate e tutti si chiedono come conciliare doveri e voglia di rilassarsi e, nel panorama odierno, troviamo esempi significativi a riguardo. Tuffiamoci nel vivo della questione!

La sfida del Digital Workspace Mobile

Ad introdurci al tema è Alessandro Fossati, Head of Digital Workplace Services, che opera nella sede italiana di Vimodrone, in provincia di Milano. Intervistato da Marco Maria Lorusso, giornalista e tech blogger, Fossati ha raccontato, nel corso del video, come si configura, nello scenario attuale, il Digital workspace mobile: “Bisogna innanzitutto – ha esordito – mettere in connessione i singoli utenti con i dataset per facilitare l’accesso ad essi”.

Dare ad un apparecchio telefonico le stesse potenzialità di un pc è la vera frontiera del Digital Workspace Mobile, che fino a qualche anno fa poteva sembrare davvero ambiziosa. Se tuttavia osserviamo il contesto intorno a noi, notiamo come il Digital Worskpace Mobile sta gradualmente prendendo posto nel nostro quotidiano, soprattutto con l’accelerazione avvenuta durante il lockdown.

Che si tratti di Android o del sistema operativo di Apple (iOS), le dotazioni fornite nei vari business sono altamente performanti e danno la possibilità di concretizzare il Digital workspace mobile qui ed ora. Un processo che deve avvenire ovviamente in totale sicurezza, come dimostra la collaborazione tra NPO e VMware, vediamo subito in cosa consiste.

Il caso NPO-VMware

“Imprese come NPO – ha spiegato Fossati – hanno il compito di abilitare determinate funzionalità sugli smartphone, come l’apertura di applicazioni normalmente pensate per desktop. Mi riferisco, nello specifico, ai software di Office automation e ai pacchetti necessari sul piano lavorativo. Il quadro descritto comprende una copertura in caso di indisponibilità improvvisa del dispositivi per furto e danno accidentale, eventi purtroppo all’ordine del giorno.”

Come si può intuire, i rischi sono dietro l’angolo per cui non basta fornire l’attrezzatura se manca un adeguato supporto. Lo sanno bene NPO e VMware che offrono risposte efficaci a perplessità e interrogativi del genere, mettendo in campo piattaforme di device management e cercando sempre di intercettare, e soddisfare, le esigenze dei propri clienti, dovunque essi si trovino.

“Un’altra parola chiave è cybersecurity – ha aggiunto Fossati – e, al contempo, vanno individuate le tecnologie più adatte per massimizzare la produttività aziendale”.
Una missione possibile grazie a strumenti di virtualizzazione e a Workspace One, un servizio che, tramite tecniche di intelligenza artificiale, permette, a chi ne usufruisce, di gestire il proprio dispositivo persino dalla spiaggia, potendo contare comunque su un ambiente protetto.

 

 

Digital Workspace Mobile, «così lo smartphone diventa un ufficio» il caso NPO e VMware ultima modifica: 2021-07-27T15:00:11+02:00 da Emanuele La Veglia

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