Possiamo tranquillamente affermare che con il nuovo DSA (Digital Services Act) l’UE conferma di essere sempre più attenta verso il mondo e verso le persone popolano i social media. Questo perché, nel corso di questi anni, è sempre cresciuta l’esigenza di intervenire di fronte al dilagare dei fenomeni come fake news, disinformazione, contenuti d’odio. Da più parti si chiedeva un intervento attraverso delle norme, per regolamentare il crescente potere delle grandi aziende tech e per proteggere gli utenti.

Il DSA, Digital Services Act, va in questa direzione e, come ha scritto il Wall Street Journal, rischia di diventare un regolamento globale, capace di superare i confini dei 27 paesi europei in cui è entrato in vigore. In pratica, coinvolgendo 19 delle grandi aziende operanti nel mondo tech e social media, il DSA provoca i suoi effetti anche nei paesi in cui comunque queste grandi aziende operano.

Ma qual è lo scopo del nuovo Digital Services Act?

L’obiettivo che si prefigge il DSA è quello di promuovere ambienti online più sicuri per gli utenti. Secondo queste nuove regole, le piattaforme online devono implementare modalità per prevenire e rimuovere post contenenti beni, servizi o contenuti illegali, fornendo, allo stesso tempo, agli utenti i mezzi per segnalare questo tipo di contenuti.

E ancora, le regole contenute all’interno del DSA vietano pubblicità mirata basata sull’orientamento sessuale, sulla religione, sull’etnia o sulle convinzioni politiche di una persona e impongono restrizioni sulla pubblicità mirata ai bambini. Inoltre, le regole del DSA richiedono che le piattaforme online forniscano maggiore trasparenza su come funzionano i loro algoritmi. Aspetto questo che più interessa gli utenti, avendo la possibilità di poter intervenire per gestire i contenuti che si vuole vedere rispetto a quelli proposti.

Ma non è tutto, perché il DSA stabilisce regole aggiuntive per quelle che considera “piattaforme online molto grandi” – VLOP -, inducendole a dare agli utenti il diritto di rinunciare ai sistemi di raccomandazione e di profilazione, condividere dati chiave con ricercatori e autorità, cooperare con i requisiti di risposta alle crisi ed eseguire azioni esterne e azioni di revisione contabile indipendenti.

DSA, Digital Services Act, la mappa delle piattaforme online

Secondo il DSA, sono piattaforme online molto grandi (o motori di ricerca online molto grandi) quelle con oltre 45 milioni di utenti mensili nell’UE. E sono 19 piattaforme e motori di ricerca che rientrano in questa categoria, tra cui:

  • AlibabaAliExpress
  • Amazon
  • App Store di Apple
  • Booking.com
  • Facebook
  • Google Play
  • Google Maps
  • Google Shopping
  • Instagram
  • LinkedIn
  • Pinterest
  • Snapchat
  • Tic toc
  • Twitter
  • Wikipedia
  • Youtube
  • Zalando
  • Bing
  • Google Search

A ciascuna di queste piattaforme, l’UE richiederà di aggiornare i propri numeri di utenti almeno ogni sei mesi. Se una piattaforma ha meno di 45 milioni di utenti mensili per un anno intero, verranno rimossi dall’elenco.

Ora, alcune aziende, come Meta, hanno anticipato i tempi per adeguarsi alle richieste del nuovo regolamento, altre sono ancora un po’ in ritardo, nonostante i proclami degli ultimi giorni. In ogni caso, in buona parte l’impatto sarà immediato, modificando il modo in cui gli utenti scorrono, effettuano ricerche e acquistano online. In seguito, cambiamenti potrebbero richiedere anni per essere assorbiti, poiché i mercati si rimodellano attorno a situazioni più ampie che impongono alle aziende di identificare e ridurre i rischi sistemici che i loro servizi creano in campi molto diversi tra loro.

La prima serie di nuove regole, nell’ambito del Digital Services Act, si applicherà alle più grandi piattaforme social media e società di ricerca a partire dalla fine di agosto. All’inizio di settembre l’UE provvederà ad informare le società su quali dei loro servizi rientrano in una serie separata di regole sulla concorrenza, in quello che viene chiamato Digital Markets Act. Altro regolamento importante che avrà un grande impatto in questo contesto.

L’impatto del DSA sulle aziende tech e social media

Google

Google ha dichiarato più volte di essere adeguata ad alcune delle politiche previste dal DSA nelle scorse settimane, inclusa la possibilità di consentire ai creatori di YouTube di presentare ricorso contro la rimozione e le restrizioni dei video. Il colosso di Mountain View ha poi annunciato che sta espandendo il suo Centro per la Trasparenza degli annunci per soddisfare i requisiti delineati dal regolamento.

L’azienda si è anche impegnata ad espandere l’accesso ai dati ai ricercatori per fornire maggiori informazioni su “come funzionano nella pratica Ricerca Google, YouTube, Google Maps, Google Play e Shopping“. Questo permetterà a Google di migliorare la trasparenza dei rapporti e analizzerà i potenziali “rischi di diffusione di contenuti illegali o rischi per i diritti fondamentali, la salute pubblica o il discorso civico“.

Meta

Meta, la società madre di Facebook e Instagram, è al lavoro per espandere la sua libreria di annunci, che attualmente raccoglie gli annunci mostrati sulle sue piattaforme. L’azienda inizierà presto a visualizzare e archiviare tutti gli annunci destinati agli utenti all’interno della UE, inclusi anche i parametri utilizzati per indirizzare gli annunci, nonché a chi è stato mostrato l’annuncio.

A giugno Meta aveva pubblicato un lungo rapporto su come funziona il suo algoritmo su Facebook e Instagram come parte della sua spinta verso la trasparenza. La società di Mark Zuckerberg inizierà inoltre a consentire agli utenti europei di visualizzare i contenuti in ordine cronologico su Reels, Stories e Search sia su Facebook che su Instagram, senza essere soggetti al suo motore di personalizzazione, basato sull’intelligenza artificiale.

TikTok

In parallelo alle misure che Meta sta adottando, anche TikTok ha annunciato che renderà il suo algoritmo facoltativo per gli utenti nell’UE, quindi non più soltanto impostato sui suggerimenti dell’intelligenza artificiale. Quando l’algoritmo verrà disabilitato, gli utenti vedranno video “sia dai luoghi in cui vivono che da tutto il mondo” nei feed “Per te” e “Live” invece dei video basati sugli interessi personali.

Inoltre, TikTok permetterà agli utenti di visualizzare i contenuti in ordine cronologico sui feed “Seguiti” e “Amici”. Anche TikTok sta apportando alcune modifiche alle sue politiche pubblicitarie. Per gli utenti europei di età compresa tra 13 e 17 anni, TikTok smetterà di mostrare annunci personalizzati in base alla loro attività nell’app.

Snapchat

Snapchat offrirà inoltre agli utenti nell’UE la possibilità di disattivare i feed personalizzati sulle sue pagine “Discover” e “Spotlight” e ha anche pubblicato rapporti su come classifica i post su questi feed. L’azienda si è impegnata a fornire agli utenti maggiori informazioni sul motivo per cui i loro post o account sono stati rimossi e fornirà loro gli strumenti necessari per presentare ricorso contro la decisione.

Inoltre, Snapchat non offrirà più annunci personalizzati agli utenti Snapchat europei di età compresa tra 13 e 17 anni. Creerà inoltre un archivio di annunci pubblicitari mirati mostrati nell’UE e darà agli utenti Snapchat europei, di età superiore ai 18 anni, un maggiore controllo sugli annunci.

Twitter/X

La società guidata oggi da Elon Musk è quella che ha destato più preoccupazioni alla Commissione europea. A fine maggio la società di Musk aveva deciso di abbandonare il Codice di condotta contro la disinformazione, suscitando grande preoccupazione proprio in vista dell’adeguamento al DSA.

A giungo la Commissione UE aveva sotto posto la società ad uno stress-test, poi superato con richiamo a fare di meglio. Il feed cronologico sulla piattaforma esiste già all’interno della sezione “Seguiti”, da questo punto potrebbero non esserci problemi anche se resta da chiarire alcuni aspetti nella sezione “Per te”. Intanto, restano perplessità riguardo alle informazioni che la società rilascia in fatto di informazioni agli utenti.

Dal 25 agosto la piattaforma permette di segnalare i contenuti secondo il regolamento DSA, ma quello che manca è il valore della trasparenza, molto caro alla Commissione UE.

Cosa succede le società non si conformano al DSA

Le società tech e social media che non rispettano le regole della DSA potrebbero essere soggette a multe fino al 6% del loro fatturato globale. Secondo la Commissione europea, il coordinatore dei servizi digitali e la Commissione avranno il potere di “richiedere azioni immediate ove necessario per affrontare danni molto gravi“. Una piattaforma che dovesse continuamente rifiutare di conformarsi potrebbe comportare una sospensione temporanea all’interno della UE.

L’UE sta già verificando le posizione contrarie al DSA da parte di alcune aziende. A luglio, Amazon ha presentato una petizione chiedendo all’UE di rivalutare la sua classificazione come piattaforma online molto grande, sostenendo che viene “ingiustamente individuata”.

Anche il rivenditore tedesco Zalando ha intentato una causa contro la Commissione Europea, sostenendo allo stesso modo che non soddisfa la definizione di piattaforma online molto grande.

DSA, Digital Services Act, cos’è e cosa cambia ora per le aziende tech e social ultima modifica: 2023-08-31T13:05:15+02:00 da Franz Russo

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui